Moonlogue: l’album d’esordio Sail Under Nadir uscirà il 3 luglio 2020, preceduto dal terzo nuovo singolo Rainyard fuori oggi.
La musica dei Moonlogue è in prevalenza strumentale ma “parla” all’ascoltatore con un linguaggio che fonde electro rock, post-rock, space rock, math rock e progressive, legandosi ad attualissimi temi ambientali. Sail Under Nadir, il loro album d’esordio, uscirà il 3 luglio 2020 in CD e su tutte le piattaforme digitali, preceduto dai singoli Estéban, Nuage e Rainyard, quest’ultimo disponibile da oggi 29 maggio. “Il nostro disco racconta un viaggio attraverso scenari estremi, dove l’esasperazione del progresso, l’avidità e la smania di controllo hanno consumato il mondo in cui viviamo”.
I Moonlogue sono una band di Torino, formata da Lorenzo Riccardino, Mattia Calcatelli, Federico Mao ed Edoardo Campo. Tra le esperienze pregresse, Lorenzo e Mattia hanno già condiviso l’avventura nel duo Glooom, mentre Mattia ha militato anche nel trio Karin And The Ugly Barnacles assieme a Federico. Il nuovo progetto Moonlogue è nato dall’esigenza di una ricerca sonora dagli orizzonti più vasti, al di là delle convenzioni della forma-canzone. Orizzonti raffigurati attraverso suggestioni che derivano dall’astronomia. Il nome Moonlogue, non a caso, proviene dall’unione giocosa di due parole: “moon”, ovvero la “luna”, fonte di ispirazione ed energia per gli esseri umani, e “monologue”, in collegamento a quella specie di “monologo” espresso nei brani grazie a una voce narrante che rimanda a un immaginario sci-fi ormai più realistico che distopico.
Il quartetto piemontese unisce chitarra elettrica, basso, batteria e sintetizzatori, oltre a rumori e sequenze varie nell’ottica di una sperimentazione elettronica sempre più accentuata, e l’utilizzo dei sample ottenuti dall’interpretazione dei testi – redatti in origine dal gruppo – a opera di Oliver Hutchison, professore australiano di Letteratura inglese. I modelli di riferimento, per orientarsi, potrebbero essere Battles, Calibro 35, il duo Darkside di Nicolas Jaar e Dave Harrington, Mogwai e Public Service Broadcasting, indifferentemente.
Nel loro primo album Sail Under Nadir, scritto, prodotto e mixato nel proprio laboratorio-studio di registrazione, i Moonlogue sognano una vera e propria storia, che non sfigurerebbe in un episodio del telefilm Tales From The Loop: l’astronauta Estéban riceve un allarme interstellare e si lancia alla scoperta della sua provenienza, del suo significato. Fino a quando, dopo aver captato via via maggiori informazioni, si renderà conto che il pianeta in pericolo, quello vicino al collasso, è la stessa Terra dal quale era partito.
Preannunciata dall’intro 01 (“It will change the way you think about the future, it will change the way you think about humanity, it will change the way you think about the fabric of the universe”), l’esplorazione parte con la misteriosa cupezza elettrica di Graphite e le ritmiche ballabili di Estéban, per proseguire con l’epica Grains, sul senso dell’esistenza, e con l’incalzante aggressività di Borderland, sul crollo del capitalismo. La catartica schizofrenia di Moonflares restituisce in note lo scioglimento dei ghiacciai così come in Nuage oniriche trame rétro-futuriste, groove pulsante sottopelle e riff via via minacciosi illustrano il processo di inquinamento dei cieli e dell’aria. Treeless e Zwangslage mettono in scena l’apocalisse imminente, causata da rincorsa frenetica alla tecnologia e conflitti bellici. Se nella malinconica melodia di Rainyard i delay delle chitarre e le tastiere si trasformano in gocce d’acqua a sovrapporsi nello scoppio di un temporale, ponendo così l’attenzione sul problema della siccità, l’outro rappresentata da 00 chiude la scaletta con l’auspicio di una rivoluzione ancora possibile.
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