Alan Sparhawk: recensione di With Trampled By Turtles

Alan Sparhawk

With Trampled By Turtles

Sub Pop

30 maggio 2025

genere: folk acustico, bluegrass

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Recensione a cura di Andrea Musumeci

A distanza di un anno dal requiem elettronico di White Roses, My God, Alan Sparhawk torna in scena con il nuovo lavoro intitolato With Trampled By Turtles, edito per Sub Pop e anticipato dall’uscita del singolo Stranger.

In questo secondo disco solista, dal tratto intimo e corale, Alan Sparhawk si affida al calore acustico e all’empatia collettiva dei Trampled By Turtles (band bluegrass con cui Sparhawk condivide profonde radici musicali e geografiche nella città di Duluth) per attraversare territori sonori ed emotivi ancora segnati dal lutto. Collaborazione che nasce in un momento delicato per Sparhawk, a seguito della scomparsa della moglie e compagna nei Low, Mimi Parker, avvenuta nel 2022.

Il focus tematico della release ruota attorno alla figura assente ma viva di Mimi Parker, motivo per cui With Trampled By Turtles si raccoglie in un viaggio di lutto, condivisione e redenzione sommessa, mettendo a disposizione un’esperienza musicale intensa e toccante. Un album dai suoni folk e bluegrass, quasi pastorale, immerso nell’introspezione dei paesaggi boschivi del Minnesota, dove violino, banjo e chitarra acustica si mettono al servizio della narrazione emotiva, accompagnando la dolcezza e la disarmante fragilità con cui Sparhawk prova a rielaborare la sua perdita.

Sparhawk non grida mai il suo dolore, non può sottrarsi ad esso, e sa che l’unico modo per sopravvivere è imparare a conviverci. Così, sceglie la strada della dilatazione, della lentezza come possibile via di guarigione, tentando di canalizzare i suoi stati d’animo attraverso la musica. E a volte, è proprio questo il gesto più significativo che la musica possa offrire.

A differenza dell’alienante elettronica glitch del precedente disco, With Trampled By Turtles si muove principalmente in territori folk-intimi: ci sono echi riconoscibili di Alice in Chains e R.E.M., ma anche di Nick Cave e Sufjan Stevens, soprattutto se pensiamo alla commistione di fede, dolore e affetti personali. In altri momenti troviamo invece una contemplazione malinconica affine a Johnny Cash, con il country folk che si tinge di spiritualità chiaroscurale.

L’album si apre con Stranger, una ballata folk disarmante nella sua ironia esistenziale (“you gotta put up with stranger people than you know now”), che riflette sulle stranezze delle relazioni sociali nella quotidianità. Brani già noti come Heaven e Get Still trovano nuova luce: spogliati, rallentati e trasformati in preghiere laiche, in cui la fede viene messa a dura prova dallo sconforto di domande senza risposta, (“Will you be there waiting? I won’t know ‘til I arrive”).

La disperazione armonica degli Alice In Chains affiora in episodi come Get Still, Don’t Take Your Light e Torn & in Ashes, dove il folk, nella sua spiritualità ferita, si veste di afflati grunge. Sebbene i generi siano molto diversi, si può rintracciare una corrispondenza nel tono oscuro e malinconico di certe canzoni. Le voci intrecciate tra Sparhawk e gli altri (in particolare nella titletrack e in Screaming Song) ricordano le armonie dolenti di Layne Staley e Jerry Cantrell.

In brani come Too High e Princess Road Surgery, sia per la scrittura introspettiva che per il timbro evocativo di Sparhawk, si avverte quella stessa tensione tra luce e notturno che rimanda alla poetica di Michael Stipe e a lavori come Automatic For The People o New Adventures in Hi-Fi.

La presenza di Mimi Parker aleggia ovunque: nel dolore quasi sussurrato di Screaming Song (“I thought I would never stop screaming your name”) e nella delicatezza struggente e celestiale di Not Broken, cantata con la figlia Hollis, (“I’m not broken, just bent where you used to be”). Alan Sparhawk e i With Trampled By Turtles si congedano con le atmosfere cinematiche di Torn & in Ashes e il canto di chi, nonostante il senso di vuoto lacerante (“the days don’t hold me, I drift like smoke”), continua a parlare alle ceneri sperando che, in qualche modo, possano rispondere.

Questo disco, in conclusione, racconta l’imponderabile della vita, quando qualcosa sfugge al nostro controllo e ci travolge, soffermandosi sull’importanza dei piccoli gesti, quelli autentici, che aiutano a tenersi a galla, a maggior ragione quando tutto sembra crollare.

Tracklist:

1. Stranger 2. Too High 3. Heaven 4. Not Broken 5. Screaming Song 6. Get Still 7. Princess Road Surgery 8. Don’t Take Your Light 9. Torn & in Ashes

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