Recensione a cura di Chiara Profili
19 Novembre 2002. Gli Audioslave pubblicano il loro primo album omonimo, prodotto da Rick Rubin.
Dopo l’abbandono dei Rage Against The Machine da parte de cantante Zack de la Rocha, avvenuto nel’ottobre del 2000, Tom Morello e compagni si erano ritrovati con tanta voglia di fare ancora musica, ma senza qualcuno che desse loro voce. Fu così che Chris Cornell si unì alla band, che, per farla breve, divenne un supergruppo che chiamarono Audioslave.
Nei primi anni 2000, il rock era in caduta libera. Se gli anni ‘90 erano stati ricchi di uscite discografiche di vario genere, dal punk al grunge, passando per il britpop, lo stesso non si può dire dei 2000.
Il nu metal aveva preso piede facendo danni a destra e a manca, abituando l’orecchio dei giovani a sonorità più radiofoniche (o cacofoniche). E così, dribblando fra il pop alla Britney Spears e l’ascesa dei rapper americani, chi aveva ancora il coraggio di parlare di rock n’ roll era visto come una mosca bianca. Per non parlare di chi si spacciava per punk rocker, ma era solo una copia sbiadita di ciò che erano stati i suoi predecessori (sì, Avril Lavigne, dico a te). Comunque, qualcosa di buono si poteva ancora trovare. Ne sono prova proprio gli Audioslave.
In questo album ci sono sonorità, nemmeno a dirlo, alla Rage Against The Machine, esaltate dalla meravigliosa timbrica di Cornell, che con la sua voce ci aveva già deliziati proprio negli anni ‘90 con i gloriosi Soundgarden e nella breve parentesi dei Temple Of The Dog. Un piacevole ritorno, quindi. Una di quelle cose belle che ti porti dietro da un passato piuttosto recente, ma che sembra ormai lontano anni luce.
Se c’era qualcosa che invece Morello era riuscito a scrollarsi di dosso erano i testi politici di Zack de la Rocha. A Cornell non fregava un cazzo della politica. Aveva già talmente tanti problemi a convivere con se stesso che preoccuparsi anche di ciò che chi gli accadeva intorno gli sarebbe risultato alquanto impegnativo. E meno male.
Nella cupa e struggente Like a Stone, Cornell esprime tutto se stesso e il suo male di vivere. A volte penso che noi ascoltatori siamo dei privilegiati, perché queste persone che chiamiamo artisti (che siano poeti, cantanti o pittori) hanno deciso di affidarci le loro anime, e spetta a noi maneggiarle con cura e rispetto.
Questo è ciò che provo ascoltando anche I Am the Highway, altra splendida ballad presente nel disco, una novità per gli ex componenti dei Rage, che non avevano fino ad allora potuto cimentarsi in brani dal sapore più melodico.
Audioslave è un disco dal sound unico e riconoscibile, nel quale Morello sprigiona tutta la potenza della sua chitarra in brani quali Gasoline, Show Me How to Live e il celebre singolo Cochise, che apre l’album.
Audioslave, a parer mio, non ha pezzi deboli, se non quello di essere uscito in un decennio nel quale ha raccolto meno di quanto avrebbe meritato. Ma noi che sappiamo apprezzarlo, ce lo teniamo stretto, perché siamo davanti ad un lavoro sincero e genuino, di quelli da annoverare fra le cose buone e imprescindibili degli sventurati anni 2000.
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