David Bowie: recensione di Heroes – 14 ottobre 1977

Heroes di David Bowie, pubblicato il 14 ottobre 1977, fa parte della cosiddetta trilogia berlinese, che comprende altri due album, Low e Lodger.

Heroes un disco cruciale per la musica dell’artista ma anche per il periodo storico in cui viene realizzato. Vanta inoltre la preziosa collaborazione di Tony Visconti, come coproduttore, e di Brian Eno come musicista e coordinatore dei lavori all’interno degli studi di registrazizone.

David Bowie è in completa trasformazione: dopo aver lasciato con una morte teatrale l’alieno Ziggie, e per fuggire dalla fama e dagli anni di vizi estremi, sceglie una città controversa e in decadenza come la Berlino degli anni del muro.

La Berlino del muro è divisa, è una fucina in pieno mutamento. La perfetta cornice per creare un capolavoro. Non a caso vengono scelti gli Hansa Studios che riversano proprio sull’austera cortina di ferro.

Qui Bowie si sente a suo agio, ha l’opportunità di conoscere i Kraftwerk e la musica industrial che ispireranno in modo incisivo il nostro David.

The Beauty And The Beast è la prima traccia di Heroes e già si percepiscono distorsioni e suoni poco melodici. La stessa voce di Bowie viene camuffata dando al pezzo un certo alone di macchinosità.

Sons Of The Silent Age porta avanti lo stile metallico e industriale che caratterizza la produzione berlinese di David Bowie. Per quanto la voce sia limpida e cristallina, l’atmosfera è volutamente rude, anche per enfatizzare il tema del testo, la misantropia.

Come quinta traccia troviamo BlackOut. Un pezzo dalla forte identità. Ricordiamo che Heroes esce nel 1977, prima che gli Einsturzende NeueBauten monopolizzassero il mercato industrial tedesco.

Possiamo dunque definirlo il primo vero e proprio manifesto del genere. Distorsioni, suoni masticati e poco riconoscibili che confondono l’ascoltatore per spiazzarlo e sorprenderlo.

Ciò che segue dopo BlackOut è una canzone innovativa e inusuale.
V-2 Schneider è un pezzo quasi del tutto strumentale. La sua particolarità inizia con il titolo, omaggio al fondatore dei Kraftwerk Florian Schneider. Mentre la dicitura V-2 si riferisce ai primi missili balistici sviluppati dai nazisti durante la seconda guerra mondiale. L’anomalia la incontriamo con Bowie che suona il sassofono. Unica in tutta la sua intera produzione musicale, una delle più stravaganti di Heroes.

In Moss Garden si riconosce un certo stile ambient, dato dall’impronta di Brian Eno, il quale genere lo farà diventare un suo marchio di fabbrica. Il Koto (strumento a corde giapponese), che viene abilmente suonato da David, è l’assoluto protagonista di questa traccia.

The last but not the least, come direbbe il nostro amato Bowie, Heroes.

Heroes è un capolavoro assoluto:
sono due amanti che si trovano a scambiarsi effusioni sotto una tempesta di missili accanto al muro.

Heroes è la voglia di rivalsa dei giovani divisi dalla guerra, da un muro, che vogliono sentirsi eroi per un solo giorno.

Heroes è un’opera di estrema bellezza, che fa nascere la voglia di urlare e cantarla insieme a lui. E lasciarsi pervadere dall’improvvisa e dirompente energia che scatena, è la cosa più bella che possa accadervi… almeno per un giorno.

Simona Iannotti

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