Gravenia: recensione di Gravenia

Gravenia

Gravenia

Overdub Recordings

24 ottobre 2024

genere: stoner rock, psych stoner, heavy blues, post-grunge

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Recensione a cura di Andrea Musumeci

Gravenia è il progetto stoner rock nato nel 2022 a Palestrina su iniziativa di Simone Costantini (voce e chitarra), insieme a Gian Lorenzo Bruno (basso) e Gianmarco Botteri (batteria). Il loro debutto omonimo, registrato da Marco Schietroma al Rock & Bones Studio di Fiuggi e anticipato dall’uscita dei singoli Cosmo e Belve, è un lavoro diretto e coeso, che si inserisce con naturalezza nella scia dei grandi nomi del genere, imponendosi come atto di resistenza analogica alle derive iper-digitali del presente.

Il suono affonda le radici nel doom-blues primigenio dei Black Sabbath e nel desert rock degli anni ’90 (si pensi ai paesaggi aridi e lisergici dei Kyuss, al ronzio acufenico dei primi QOTSA, alle fughe cosmiche degli Hawkwind, alle cadenze pachidermiche di Sleep, Om, Lowrider e Monolord), ma è filtrato da una visione malinconica, quasi esistenziale, che richiama i toni più interiorizzati del post-grunge.

Muovendosi all’interno di questo ampio spettro di influenze, i Gravenia costruiscono una miscela chimica satura di stilemi vintage e di accordature basse e ronzanti. Non cercano variazioni stilistiche fini a se stesse, ma lavorano su un sound avvolgente, che colpisce sia per l’impatto fisico – ottenuto con accordature in Drop C, pedali fuzz ed effetti overdrive – sia per l’intensità sensoriale, puntando più sulle percezioni e le vibrazioni che sulla forma.

Il nome stesso del gruppo, probabilmente nato come crasi e richiamo fonetico a Gardenia, celebre canzone dei Kyuss, rafforza il legame con un immaginario allucinato e sensoriale, in cui il paesaggio sonoro diventa uno spazio mentale.

I dieci brani della release si sviluppano in un ventre ritmico stratificato e vertiginoso, tra roventi cavalcate stoner e alterazioni sciamaniche dal tocco narcotic-blues, creando un’esperienza immersiva di dimensioni circolari e fluttuanti come asteroidi acid-psych dagli echi sixties, con vocalità magnetiche incastonate in tessiture hard-blues e psych-garage, fino a diventare intime e riflessive. Con un groove potente ed evocativo, i Gravenia definiscono il loro trademark “space & heavy” fondendo chitarre ronzanti, riff granitici e dilatazioni fuzz-sludge in un sound metallico heavy psych-blues che frigge e ribolle a alte temperature.

La scrittura non segue una trama lineare né trasmette messaggi espliciti, ma si presta a interpretazioni libere e personali. Ogni episodio invita a esplorazioni interiori e si sviluppa come una metafora, portando in superficie gli aspetti più oscuri dell’essere umano: incubi, allucinazioni, solitudine, paure che si fanno animalesche (Belve), incomunicabilità, alienazione affettiva nel mondo contemporaneo.

Nei testi, Gravenia racconta stati d’animo come fossero immagini sfocate, usando frasi dal significato ermetico, in uno stile che richiama certi passaggi onirici dei Verdena: “fottuta mente piena di belve e corro via da me”; “siamo sommersi come dei serpenti in un verde che non c’è”; “crolleremo vedrai, dove il cosmo non c’è più, dove il fondo è un po’ più blu”.

Vetro, unico momento strumentale a metà disco, segna una pausa sognante nel percorso narrativo e, in quanto tale, ne amplifica la dimensione atmosferica, mantenendo continuità con il flusso di suoni e suggestioni che attraversa l’intera opera.

Il gruppo descrive questo primo album come “spontaneo, senza troppe pretese”, e il risultato è un disco compatto, fedele a uno stile grezzo ancora tutto da plasmare – come può suggerire l’artwork in copertina. Gravenia è dunque una valvola di sfogo ma anche un luogo altro, dove il confine tra materia e visione si dissolve, e dove l’entroterra laziale incontra le atmosfere del desert rock, mescolando territorio e memoria.

facebook/Gravenia

Tracklist:

1. Cosmo 2. Belve 3. Infinita 4. Maremoti 5. Ruggine 6. Vetro 7. Serpenti 8. Sciame 9. Orbita 10. Ossigeno

Membri della band:

Simone Costantini (voce e chitarra), insieme a Gian Lorenzo Bruno (basso) e Gianmarco Botteri (batteria)

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