Gravery
Everything That Is Born Must Die (EP)
Upstate Records
9 agosto 2024
genere: death-core, groove-death
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Recensione a cura di Marco Calvarese
Dal cuore di una mai così calda Milano, ecco sorgere l’entità maligna dei Gravery, novità quasi assoluta ma immediatamente alla ribalta sulla scena metal tricolore.
Five-combo nata appena un paio d’anni fa, ma con solide radici nel passato death e hardcore dei suoi fondatori, i nostri si sono subito imposti nel panorama italico, con sei brani nuovi di zecca e un tour europeo che hanno catturato l’attenzione del mercato statunitense.
Everything That Is Born Must Die è il titolo del nuovo EP, edito per Upstate Records e distribuito da Bloodblast, braccio operativo della Nuclear Blast, nonché prodotto e mixato da gente del calibro di Stefano Santi (Lacuna Coil, Lvcifyer) e Davide Billia (Hour of Penance, Vomit the Soul), Davide Panigada e Chris Whited (Bodysnatcher, Traitors) presso il 1776 Recording Studio in Florida. Il tutto per rendere una produzione davvero certosina, in grado di conferire ancor più mordente, adrenalina e crudeltà ai suoni iper-distorti e compressi della band.
A mio modesto parere la fulminea scalata dei cinque è strameritata. La proposta musicale dei Gravery è un mix di colpi in faccia, allo stomaco e ai fianchi genericamente inquadrabile come death-core, con caratteristici down-tempo e mortiferi breakdown alternati a un death groovy dalle melodie vocali e chitarristiche subito coinvolgenti. Il tutto sapientemente armonizzato. Un connubio che mi ha fatto pensare ad un frontale fra il meglio dei Six Feet Under e dei primi Whitechapel.
Il prodotto di questo felice incontro di effluvi ispirativi genera un effetto claustrofobico, asfissiante e mefitico, tanto quanto i contenuti dei testi, improntati alle più oscure proprietà distruttive della mente umana.
La opening track Smell Of Death, opportunamente breve e carica di pathos ed effettistica, ce ne fornisce un succulento assaggio, creando grandi aspettative che nella successiva Mindhunter restano tutt’altro che deluse: si tratta di un campionario di death-groove ricco di cambi di tempo, classici breakdown death-core squisitamente arrangiati e crossover tremendamente catchy da cui si esce tramortiti e arricchiti.
Se possibile, le qualità melodiche e armoniche di questi artisti sono perfino meglio valorizzate nella splendida FdotU, dove la varietà di cambi di tempo ed effetti rende corposo e lacerante l’ascolto, esaltando le doti tecniche del vocalist, a suo agio con ogni stile canoro richiesto da una canzone così complessa.
Hate Is Now The Answer è forse l’apice creativo di una band capace di regalare frame tutte ben distinte fra loro senza mai modificare il proprio stile, andando a confezionare, in questo caso, quello che, a mio gusto, è il breakdown più riuscito dell’opera discografica.
Ma è Hell And Voices il mio brano preferito: fin dal grido d’apertura, l’effetto groove è instancabile, grazie ad un riffing immediato e ad una produzione quanto mai orrorifica che ne esalta il potenziale “criminale”. Il growl perfetto che ho ascoltato chiude il cerchio e griffa il mio giudizio su questa traccia: dal vivo dev’essere devastante, e vorrei avere di nuovo trent’anni per buttarmi nel pogo!
I Gravery scelgono di chiudere con la title track, forse il più puro, sulfureo e pesante down-tempo-deathcore dell’intera release, con il suo crudele e vigoroso palm muting: l’entità maligna ha, così, finalmente rivelato il suo nome.
Niente male come biglietto da visita per una formazione che ha subito mostrato tutto il proprio entusiasmo per le attenzioni ricevute e che promette scintille in futuro: vi si aspetta al varco per il primo LP, ragazzi. Se ci sarà un’ulteriore crescita creativa, saremo orgogliosi di avere sulla scena internazionale un’altra band che non ha nulla da invidiare alle osannatissime proposte estreme d’oltreoceano.
Tracklist:
1. Smell of death 2. Mindhunter 3. FdotU 4. Hate is now the answer 5. Hell and voices 6. Everything that is born must die
Line-up:
Luca “Pigo” De Simone – voce
Edoardo Nicoloso – chitarra
Roberto Sava – chitarra
Francesco Marenghi – basso
Riccardo Nicoloso – batteria
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