Maverick Persona
In The Name Of
NOS Records, MarraCult
1 novembre 2024
genere: jazz elettronico, dark ballad, psych garage blues, dub, kraut-beat, dark beat, post-rock, dream-gaze, ambient, sonorizzazioni multimediali, prog etnica
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Recensione a cura di Andrea Musumeci
A distanza di pochi mesi dalla pubblicazione dell’album d’esordio What Tomorrow?, il duo brindisino Maverick Persona torna alla ribalta con il suo secondo full-lenght intitolato In The Name Of, edito per le etichette NOS Records e MarraCult e anticipato dall’uscita del singolo Bite For Freedom.
Con il sequel di questo progetto discografico, nato da una forte amicizia e dall’amore condiviso per la musica tra un veterano della scena indipendente italiana come Amerigo Verardi e il giovane musicista e compositore Matteo D’Astore aka Deje, i Maverick Persona (nome che indica una personalità non etichettabile, dissidente e anticonformista) mostrano, ancora una volta, la necessità di assecondare un linguaggio pop stimolante, ricercato, coinvolgente e dal carattere internazionale (da qui la scelta di cantare in lingua inglese), mescolando stati d’animo e paesaggi in perpetuo movimento.
Una sorta di concept non incastonabile dentro un unico genere, alimentato da curiosità e vocazione per certo avanguardismo artigianale dove tutti gli elementi convergono e dialogano tra loro. Così, in controtendenza rispetto ai meccanismi omologanti del mercato musicale di massa, Amerigo Verardi e Deje ci guidano nei boulevard poliritmici di un nuovo viaggio immaginario, attraverso quella forma di escapismo multimediale già intrapresa in What Tomorrow?, quasi a sussurrarci “dove eravamo rimasti?” e a ribadire il bisogno di evasione dalle costrizioni e cospirazioni del mondo reale.
Ma è davvero possibile sfuggire dalla cultura che noi stessi abbiamo creato? Eppure, nonostante il regresso culturale dell’oggi, i Maverick Persona continuano ad esplorare connessioni sonore sempre inedite e non convenzionali, per mezzo della corrispondenza armonica tra le fredde sensazioni che può trasmettere la manipolazione elettronica e quel calore ancora ardente del suono analogico.
Con l’obiettivo di rintracciare nuove suggestioni da tradurre in musica, ma senza la frenesia di dover cogliere significati nel tempo del qui e ora, le undici canzoni di In The Name Of, giocando tra dimensione distopica e derive artificiali dell’attualità, vanno a sottolineare il bisogno di difendersi da certi schemi opprimenti imposti dalla società, dove ognuno rivendica le proprie convinzioni in nome di qualcuno o qualcosa (“in the name of this, in the name of that, in the name of what?”).
Mossi da tale sentimento, come “una rivelazione che esplode dal petto”, i due musicisti pugliesi, annullando qualsiasi gap generazionale, osservano e analizzano la contemporaneità e i suoi cambiamenti, con sincerità e tramite un mindfulness autorale (filo-camusiano) che parla direttamente al cuore di chi si sente straniero nel proprio mondo.
Storie di solitudine che si confondono nella folla, tra le mille luci delle città; anime solitarie illuminate soltanto dalla luce blu di uno schermo e dall’inconsistente socialità dell’era digitale (“I was a victim of a web abuse […] this brutal isolation, this digital masturbation, this social intimidation, an underworld conspiracy”).
Ogni episodio della release ruota attorno al malessere di un ragazzo benestante cresciuto in una società futuribile, malsana e irreparabilmente deviata; società contro la quale prova a ribellarsi (“I hate myself , I hate the System”) fino a quando non giunge all’amara consapevolezza di essere, anch’egli, vittima sacrificale di un sistema che si nutre di solitudine e sopravvivenza. Come diceva il fotografo David Wojnarowicz, riferendosi alla New York sporca e pericolosa degli anni 70: “Siamo tutti sulla stessa barca, e accumuliamo cicatrici in questo mondo di oggetti”.
Sotto l’aspetto strumentale, coerentemente a quanto descritto, i Maverick Persona riescono a imbastire ed assemblare una miscela intrigante e virtuosa di contaminazioni, attingendo ispirazione ed entusiasmo da registri eterogenei. Un soundsystem in cui si avvicendano e sovrappongono riverberi notturni trip-hop e foschie cibernetiche alla Gary Numan, rimandi kraut-beat alla Kraftwerk e LCD Soundsystem (Complete The Task) e fumose sequenze di un ambient-jazz metropolitano (Somewhere We Have Landed).
Andando avanti ci ritroviamo catapultati nel vortice ipnotico della psichedelia dub (Underworld Conspiracy) e nelle dune mediorientali di un tribal world elettronico (Is It Really Over?), passando per frenetici e animaleschi saliscendi prog-jazz orchestrali dal taglio etnico (Sirashka, Where Are You, Try To Get The Sun).
A questo punto, il percorso sonoro devia su malinconiche atmosfere suburbane di loureediana memoria, mescolandosi a luccicanze narcotiche di un post-rock quasi slintiano (In The Name Of), per poi alleviare la tristezza in una leggerezza cinematica e celestiale dagli echi sigurrossiani (Dreaming Laurel Canyon, Turn On The Good Music, Louder!).
Tracklist:
1. Complete the task 2. Somewhere we have landed 3. Underworld conspiracy 4. In the name of 5. Bite for freedom 6. Is it really all over? 7. Sirashka 8. Where are you 9. Try to get the sun 10. Dreaming Laurel Canyon 11. Turn on the good music, louder!
Tutte le composizioni a cura di Mauro D’Astore e Amerigo Verardi
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