Oslo Tapes: recensione di ØR

Oslo Tapes

ØR

Pelagic Records

4 giugno 2021

genere: atmospheric rock, trance ambient, chill wave, noise, synth, industrial, tribal, new jazz, psych, krautrock, post-rock, kosmische musik

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Recensione a cura di Andrea Musumeci

A distanza di sei anni dal rilascio di Tango Kalashnikov, gli abruzzesi Oslo Tapes mandano alle stampe il nuovo album intitolato ØR, edito il 4 giugno per l’etichetta berlinese Pelagic Records e anticipato dall’uscita dei singoli Zenith e Bodø Dakar.

Quando si parla di Norvegia, il pensiero va subito a quella terra fredda e ricca di magie: l’aurora boreale, il sole di mezzanotte, la natura incontaminata, il black metal, le chiese cristiane date alle fiamme e lo splendido panorama dei fiordi, una delle attrazioni più belle e affascinanti che esistano al mondo.

Ecco perché tutti dovremmo concederci una vacanza in Norvegia. Ed è quello che ha fatto, più di dieci anni fa, Marco Campitelli, il quale, nel 2010, proprio a seguito di un viaggio in terra norvegese, ha formato il collettivo noise rock Oslo Tapes.

Dopo la pubblicazione del disco d’esordio omonimo e del secondo capitolo Tango Kalashnikov, forte del sodalizio con il musicista e produttore francese Amaury Cambuzat (Ulan Bator/FaUSt), e con la presenza di Mauro Spada (Ulysse) al basso e Davide Di Virgilio alla batteria, Marco Campitelli (voce, chitarra e synth), in questa terza uscita discografica, ØR, confezionata durante il periodo di lockdown pandemico, mostra l’urgenza emotiva di coltivare nuove suggestioni, di intraprendere un nuovo percorso creativo e connettere simbioticamente arte visuale e musica, abbracciando atmosfere cosmonautiche e il calore di territori multisensoriali ancora inesplorati.

Il termine norvegese ØR, che dà il titolo al disco (su suggerimento di Emil Nikolaisen, leader dei Serena Maneesh) significa “vertigini”. Proprio quel senso di vertigini che si percepisce sin dalle prime note di psichedelia krautrock della traccia d’apertura Space Is The Place.

La nuova creatura sonora degli Oslo Tapes, evidenziando un chiaro approccio obliquo tra generi e segnando un cambio di rotta dal punto di vista compositivo rispetto alle precedenti pubblicazioni, si compone di otto brani in cui elementi elettronici e acustici si mescolano in uno spartito ibrido ed intriso di convivenze antitetiche, significati sacrali ed osservanze rituali, raccolto in un impasto ossessivo-compulsivo dal portamento onirico, stratificato, claustrofobico e lisergico.

Un non luogo dove zenit e nadir diventano una cosa sola, fluttuando in assenza di forza gravitazionale attraverso quei suggestivi e misteriosi paesaggi nordici che, come canto di sirene ulissiane, hanno sedotto (e arricchito) le prospettive sperimentali del polistrumentista Marco Campitelli, pur senza snaturarne del tutto il background stilistico, ma conservando quell’istinto avanguardistico di guardare sempre avanti, di non accontentarsi e di sfidare il presente.

Mitigato, dunque, quel legame concettuale fortemente riconducibile, su larga scala, al noise rock degli anni ’90 e, nello specifico, a quello dei Massimo Volume (del periodo Umberto Palazzo, per capirci), gli Oslo Tapes allineano, sotto la stessa retta verticale, gli stati allucinogeni del raga indiano, le onde narcolettiche e l’euforia ecstasy della trance wave di rimando Massive Attack e la visione caleidoscopica ed ipnotica dello space ambient.

Un poliedrico fascio di dilatazioni foniche ed una corposa sezione ritmica fanno da filo conduttore degli otto episodi di ØR, trasmettendo un certo magnetismo rievocativo, frutto di una sinergia viscerale tra fonti eterogenee: dal dark jazz al synth-wave industrial di sponda Nine Inch Nails e Koauenn, dal percussionismo metallico ed esoterico di matrice etnica alle traiettorie post-rock di casa Maserati, dalle familiari, ruvide e squadrate astrazioni del noise rock alla psichedelia dark-lunare pinkfloydiana, dalla monolitica e inquieta kosmische musik dei Tangerine Dream a quell’austero e metronomico futurismo mitteleuropeo di radice krautrock.

All’interno di questi multiformi orizzonti architettonici si muovono chitarre spaziali e distorte, rintocchi di crush burzumiani ed immagini multimediali dalle sfumature robotiche, astratte e dionisiache, che liberano sonorità e ispirazione alla volta di dune sabbiose, geometriche, sferiche, luccicanti, riverberate e sempre più aderenti al mondo fluido e denso dell’elettronica.

In un crescendo di pulsazioni sintetiche, tentazioni esotiche e rumori del cosmo, alternando momenti di tensione ed estemporanea delicatezza, ØR è un’opera che potrebbe continuare e ripetersi all’infinito, segnando un cambio di rotta nella spirale discografica degli Oslo Tapes e facendosi soundtrack di un trip evocativo ed oceanico, riuscendo ad ossidare sensazioni vertiginose e ansiogene ed improvvisi quanto fugaci albori di luce artificiale.

https://www.facebook.com/oslotapes

Membri della band:

Marco Campitelli: voce, chitarra, synth

Mauro Spada: basso

Davide Di Virgilio: batteria

Credits:

Amaury Cambuzat: produzione, chitarra nel brano Bodø Dakar

James Aparicio ha mixato il brano Obsession Is The Mother Of All

Jason Shaw ha mixato e prodotto i brani Zenith e Kosmik Feels

Lucio Piccirilli ha mixato e prodotto i brani Space Is The Place, Bodø Dakar, Cosmonaut ed Exotic Dream

Tracklist:

1. Space Is The Place

2. Zenith

3. Kosmik Feels

4. Bodø Dakar

5. Cosmonaut

6. Norwegian Dream

7. Exotic Dream

8. Obsession Is The Mother Of All

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