Recensione a cura di Chiara Profili
12 gennaio 1969. Viene pubblicato, negli Stati Uniti, l’album omonimo e di debutto dei Led Zeppelin.
Sul finire degli anni ‘60, il decennio caratterizzato dal trionfo del rock della libertà, dalla creatività, dalla sperimentazione, dalla psichedelia, dalla cultura hippie e segnato dalle manifestazioni popolari contro la guerra nel Vietnam, esordisce quella che diventerà una delle band più famose del pianeta.
Il rock britannico in quegli anni la faceva già da padrone, grazie all’innovazione di artisti come David Bowie e di band come Beatles, Cream, Who, Yardbirds, Rolling Stones e Fleetwood Mac. Una componente predominante in molti dei gruppi sopracitati era il blues ed è proprio da qui che partirono i Led Zeppelin.
Presero spunto, per usare un eufemismo, da alcuni brani blues già esistenti, di artisti quali Muddy Waters e Willie Dixon. Di fatto, si tratta di vere e proprie cover, anche se gli autori originali non vengono citati nel disco e ciò portò anche a problemi legali legati al plagio.
La band inglese si giustifico dicendo che è consuetudine nel blues che gli artisti condividano idee musicali tra di loro e le rielaborino secondo la loro particolare sensibilità, per cui l’operazione effettuata dagli Zeppelin era concettualmente lontana dal plagio vero e proprio.
Fatto sta che molti brani di questo album, come You Shook Me, I Can’t Quit You Baby e Dazed and Confused non sono pezzi originali degli Zeppelin. Anche Babe I’m Gonna Leave You è la riscoperta di un brano folk tradizionale da parte di Page, impreziosito dalla drammatica performance vocale di Robert Plant.
Tuttavia, chiunque, a distanza di anni, ascolti questo disco, avrà la sensazione di entrare in contatto con qualcosa di unico e originale. I Led Zeppelin hanno messo la loro firma su quei brani, si sono presentati al mondo con l’attitudine propria delle vere rockstar, come a dire: “Ehi, questi siamo noi. Questo è ciò che facciamo. Dateci tempo e ne sentirete delle belle, siamo solo all’inizio”.
Infatti, già dagli altri brani del disco, quelli scritti da Page, alcuni con la collaborazione di John Paul Jones e John Bonham, si intuiscono le potenzialità di questa band strepitosa, che svilupperà ancora meglio il proprio sound negli album successivi, mischiando il blues all’hard rock. Quell’hard rock che possiamo sentire chiaramente, all’interno di questo album, in Good Times, Bad Times e in Communication Breakdown.
Se brani come Dazed and Confused e Babe I’m Gonna Leave You sono diventati emblematici per la band di Robert Plant, così è stato anche per la copertina di Led Zeppelin I. Ritrae un fotogramma del disastro dello Zeppelin LZ 129 Hindenburg, avvenuto il 6 Maggio del 1937.
Dal famoso dirigibile la band non aveva ripreso solo parte del nome, ma anche, appunto, la tragica immagine dell’esplosione, che in un certo senso stava a simboleggiare il fuoco e le fiamme che animano il loro rock blues.
Così è questo disco: l’esplosione di una band che aveva voglia di mettere a fuoco e fiamme il panorama musicale dell’epoca, entrando di diritto nell’Olimpo del rock mondiale di tutti i tempi. Naturalmente, stiamo parlando di un grande classico del rock e di un disco imprescindibile.
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