RosGos
Circles
Beautiful Losers
20 maggio 2022
genere: darkwave, folk noir, elettronica ambient
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Recensione a cura di Andrea Musumeci
Correnti oscure, selvagge ed enigmatiche quelle che investono i sentieri emozionali e impervi della contemporaneità. Luoghi dove la ragione è sanza lume e il cammin tortuoso.
Avevamo lasciato il “pettirosso” Maurizio Vaiani aka RosGos tra le dune inquiete e salvifiche di Lost in The Desert (secondo album solista), un’opera introspettiva che catturava la solitudine e l’alienazione di un luogo mentale, della necessità di perdersi per poi ritrovarsi, come unica via verso una possibile redenzione.
A distanza di due anni dall’immagine di quella imponente montagna raffigurata sulla copertina di Lost in The Desert, l’appassionato cantautore cremasco Maurizio Vaiani – senza dimenticare l’attività musicale intrapresa con i Jenny’s Joke nei primi anni Duemila – torna sulle scene con il suo terzo lavoro in studio a firma RosGos intitolato Circles, edito per Beautiful Losers (sodalizio inaugurato dalla rilettura in chiave elettronica di un classico di Brian Eno, The River), con il solido sostegno dei fedelissimi Toria e Marco Torriani, e anticipato dall’uscita dei videoclip dei singoli Lust e Fraud.
Fortemente ispirato ai nove cerchi dell’inferno della Divina Commedia di Dante Alighieri – poema antologico e seriale che prevalica ogni contestualizzazione spazio temporale, e per questo ancora così attuale – Maurizio Vaiani manda alle stampe un manoscritto concettuale al cui interno riecheggiano sonorità e atmosfere dolorose, soavemente ipnotiche, malinconiche e new wave-oriented, che rimandano alle scritture ortodosse di The Cure, Adrian Borland solista, Echo and The Bunnymen e Radiohead, a cui si aggiungono trame melodiche folk noir, divagazioni sognanti cariche di flanger e orchestrazioni elettroniche.
Le nove tracce di Circles ruotano intorno al tema dell’esilio, muovendosi su due piani di lettura – storica e moderna – tra le fragili ombre della solitudine, della dannazione per antonomasia, davanti a una nuova montagna da scalare – come Sisifo di Albert Camus – ma stavolta partendo dal punto più basso delle metafore esistenziali, in quel profondo, oscuro e glaciale blu degli inferi, quale arcaica espressione di malessere e perdizione dell’anima umana, tormentata da contrasti e desideri inappagati.
Cerchi universali, sacri e divini, simboli della ciclica successione del tempo, dell’arte immortale, allegorica e visionaria di Dante Alighieri, racchiusa in quelle anime che, intrappolate nel vizio delle loro stesse virtù e misurandosi con lo spessore dei propri limiti, si lasciano contaminare dal germe della mitizzazione e dalla retrospettiva nostalgica di un’epoca ormai remota.
Spingendosi oltre quel senso di ossessiva ricerca ulissiana e svuotandosi dalle zavorre dell’ego e da tutte le cause di insoddisfazione e infelicità, Circles finisce per sublimarsi in una nuova superficie di conoscenza e consapevolezza, attraverso un’esperienza processionale venata di forte spiritualità congiunta a una poetica convalescenza, dove amore e fede vengono messi in discussione dai dubbi, dalle incertezze, dall’inoculazione di tentazioni sotterranee.
Un vorticoso saliscendi audiovisivo in cui confluiscono peccato, espiazione e salvezza: un loop perpetuo di episodi cupi e rarefatti, dove i battiti del cuore vengono scanditi e levigati sia dalla pulsante ed elettrificata complementarità di basso e tastiere, sia dalla drammatica sensibilità emotività che scaturisce dal timbro morbido e suadente di RosGos.
La sensazione, pertanto, è quella di essere sopravvissuti a una fase di transito, a cui inevitabilmente ne seguiranno altre, da accogliere come atto consolatorio che, in fondo, nulla è veramente definitivo. Ed è così che emerge il ruolo essenziale e primigenio della musica, di quella terra che appartiene a nessuno e a tutti, di quel linguaggio sempre in divenire che, manifestandosi nella sua natura autentica e al contempo nel suo contrario, si abbandona al magnetismo del passato, ma con lo sguardo proteso sul futuro.
Vestendo i panni di un Caronte moderno e messianico, RosGos traghetta se stesso, e noi accanto a lui, verso una dimensione intima, densa e liturgica, partendo dalla sommità di quell’estremità ultraterrena – sospesa su fitte ragnatele di note chiaroscurali e intermittenti – per poi calarsi tra le figure umane più peccaminose e decadenti, passando attraverso quella specie di spirale-multipiano abitata da lussuriosi, golosi, avari, iracondi, eretici, violenti e fraudolenti, fino a raggiungere l’ultimo cerchio, giù, al centro dell’universo, posto all’interno di quella stretta feritoia luciferina dove risiede l’umanità più degenerata.
Eppure non è la disperazione a prendere il sopravvento, quanto, semmai, la flebile speranza di poterne uscire fuori e di riuscire ancora a sorprendersi. Un gesto d’amore, misto a comprensione e riappacificazione, che Vaiani regala a se stesso e, perché no, anche a tutti noi.
Circles si congeda con l’ampiezza magica ed extrasensoriale di Treachery, una nenia compassata, notturna, carezzevole e cosmica dai toni lounge e post-rock di rimando Explosions in The Sky, dove lacrime argentee si confondono con la pioggia, mentre le illusioni – seguendo il lascito filosofico di memoria dannunziana – nascono e si spengono continuamente senza un perché, allo stesso modo in cui sorgono e tramontano le stelle, sottolineando che la vita è una somma di cose vane ed effimere.
RosGos ci accompagna, dunque, in un’intensa discesa nelle profondità dell’inconscio, nelle emozioni di un popolo che, per dirla alla Enzo Avitabile, “nasce e vive nel punto più basso, a sud delle stelle, sognando una luce nuova”. D’altronde, fatti non fummo a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza.
Credits:
Maurizio Vaiani: musica, voce, testi e arrangiamenti
Toria: produzione e arrangiamenti
Marco Torriani: tutti gli strumenti
Artwork: Andrea Liuzza
Tracklist:
1. Limbo
2. Lust
3. Gluttow
4. Greed
5. Wrath
6. Heresy
7. Violence
8. Fraud
9. Treachery
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