The Blank Canvas
Mirage
Drown Within Records, Vollmer Industries, Zero Produzioni
18 febbraio 2022
genere: post metal, dark metal, industrial metal, heavy metal
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Recensione a cura di Andrea Musumeci
“La più antica e potente emozione umana è la paura, e la paura più antica e potente è la paura dell’ignoto”. Con questa sintetica definizione, H. P. Lovecraft indica il profondo legame tra gli incomprensibili abissi della realtà e il panico che emerge dall’impossibilità di reagire a tutte quelle alterazioni del nostro vivere quotidiano che si insinuano nella nostra coscienza, che sfuggono al nostro controllo, alla nostra capacità di analisi.
A distanza di quattro anni dall’esordio discografico con Vantablack e con un cambio di line-up in corsa, la band post-metal The Blank Canvas – progetto che nasce dalla fusione tra membri di Incoming Cerebral Overdrive e Karl Marx Was a Broker – torna sulle scene con il sophomore album intitolato Mirage, edito per Drown Within Records, Vollmer Industries, Zero Produzioni e anticipato dall’uscita del video del singolo di Unknown Star System.
Fortemente ispirati dall’angosciante immaginario distopico della letteratura fantascientifica del terrore cosmico, il quintetto toscano – Alessio Dufur: voce, Maurizio “Pappone” Tuci: chitarre, Marco Filippi: basso, Michele Marchiani: synth, FX, Nicola Benetti: batteria – continua ad alimentare quel flusso epidermico già intrapreso nel primo album, focalizzando il proprio impianto tematico (composto da otto tracce, di cui una strumentale, Mirage) sul progressivo e confusionale disorientamento esistenziale che coinvolge le dinamiche della contemporaneità, insieme a quei riferimenti che regolano e identificano il nostro universo, il nostro ecosistema, sia nei rapporti interpersonali che in relazione all’eterno confronto tra uomo e natura, sia nei significati diretti che nelle espressioni figurative.
Le otto istantanee di Mirage si racchiudono all’interno di un vortice scritturale dal sound monolitico, caustico, spettrale e granitico, concentrato in un calvario mistico e ipocondriaco di atmosfere sature, claustrofobiche e oscure, che si manifestano attraverso la magia dei paesaggi crepuscolari della darkwave, le ritmiche heavy del post-metal, il pathos epico della componente elettronica e una pasta timbrica profonda, baritonale e straziante.
Quando con l’espansione temporale di dissolvenze geometriche dilatate e simmetriche, quando con la densità di toni laceranti, drammatici, asfissianti, scomposti, siderali e glaciali, i The Blank Canvas disegnano fisionomie di travaglio narrativo in perpetuo movimento e mutamento: un processo di elaborazione emotiva in cui i ricordi annegano nel dolore, nelle ferite mai cicatrizzate del rimpianto, nell’epitaffio del nostro passaggio transitorio, nei silenzi di grida remote soffocate tra le pieghe di un presente che si riflette nella desolazione di un orizzonte post-apocalittico.
Un miraggio accecante ed effimero, un sistema stellare sconosciuto e destabilizzante sotto l’aspetto psicologico, allucinazioni cerebrali e industriali che interferiscono con le nostre percezioni sensoriali, con l’equilibrio che c’è tra mondo interiore e mondo onirico, confondendo i luoghi veri da quelli surreali e condensandosi in quella spirale di paura che suscita connessione spirituale e crescita interiore, individuale, con la purezza stilistica di chi conserva, oltre ogni limite di umana comprensione e nonostante l’inevitabile decadimento del nostro sistema immunitario, un impercettibile riverbero di luce nell’oscurità delle proprie stanze.
Dunque, c’è ancora quella tela nera che assorbe e neutralizza ogni colorazione e radiazione di luminosa esperienza, nel suo simbolismo rituale, evocativo, funebre ed intrinseco di disperazione, privazione e parossistico nichilismo che, al contempo, nasconde fragilità e insicurezze. Ritorneremo alle origini, a ricongiungerci alla terra, ad essere cenere e polvere, come in una delle più antiche fantasie del fanatismo religioso, ripercorrendo l’immortale e circolare loop degli eventi, come il più terrificante degli incubi concepiti dalla nostra mente.
Visioni angoscianti popolate da creature mostruose senza volto, dove i bambini diventano adulti e si suicidano nelle trappole della miseria umana, generando di fatto nuove fobie, nuovi stati di ansiogena consapevolezza, e rinfrescando il principio eschiliano per cui si impara solo soffrendo. E magari, un giorno, tutto questo dolore ci sarà utile.
“La razza umana scomparirà. Altre razze appariranno e si estingueranno a loro volta. Il cielo diventerà gelido e vuoto, attraversato dalla debole luce di stelle morenti. Che al loro volta scompariranno. Tutto scomparirà”. (H. P. Lovecraft)
Membri della band:
Alessio Dufur: voce
Maurizio “Pappone” Tuci: chitarre
Marco Filippi: basso
Michele Marchiani: synth, FX
Nicola Benetti: batteria
Tracklist:
1. The Cage Of Fireflies
2. Black Lotus
3. Epitaph For a Friend
4. Mirage
5. Unknown Star System
6. Here For a While
7. Attack Decay Sustain Release
8. Lands
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