Stone Temple Pilots: Interstate Love Song – 28 novembre 1994

28 novembre 1994. Usciva nel Regno Unito il singolo Insterstate Love Song degli Stone Temple Pilots.

Gli Stone Temple Pilots avevano tutte le caratteristiche per sembrare una band metal degli anni ’80: un leader carismatico e drogato, e i riff melodici con richiami allo stile hard rock di inizio anni ’70. Un mix perfetto, un pò come la coca-cola zero con il rum al cocco.

Certo, se da una parte suona un pò strano accostare gli Stone Temple Pilots al metal degli anni ’80, dall’altra è pressoché sbagliato considerarli unicamente come gruppo grunge, soprattutto se pensiamo alla varietà sperimentale del loro materiale musicale.

Potrebbero essere considerati, in maniera più semplice ed onesta, una band di hard rock, con una loro identità ben definita, per quanto poi possano contare queste categorie.

Il pezzo più rappresentativo e popolare dell’intera discografia degli Stone Temple Pilots è senza dubbio Interstate Love Song, una di quelle poche canzoni il cui titolo non è mai citato nel testo della canzone. L’avrò ascoltata un migliaio di volte, eppure è ancora una delle poche canzoni che se la danno in radio non mi viene voglia di cambiare stazione. A mio parere, condivisibile o meno, se Smells Like Teen Spirit è stata la canzone più importante della sua generazione e di quel decennio, Interstate Love Song è stata la migliore.

Il testo di Interstate Love Song fu scritto dal compianto frontman e cantante Scott Weiland adottando il punto di vista della sua fidanzata, stanca delle bugie che lui le raccontava e delle promesse disattese. Weiland le aveva giurato che si sarebbe liberato dalla dipendenza dall’eroina e che, una volta giunto ad Atlanta, non si sarebbe mai drogato durante la lavorazione di Purple.

La canzone si intitola così perché la musica fu composta da Robert De Leo sul tour bus degli Stone Temple Pilots, mentre viaggiavano su una strada interstatale, e perché Weiland si trovava al confine tra due territori: verità e menzogna, eroina o disintossicazione, che metaforicamente poteva essere il confine tra la vita e la morte.

Ancora oggi, per quanto mi riguarda, quella di Scott Weiland rimane una delle voci rock più emozionanti che abbia mai ascoltato.

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