The Darkness: recensione di Easter is Cancelled

Recensione a cura di Stefania Milani

Oggi vi racconto un album che per me è come rugiada in una mattina di primavera.
Easter is Cancelled è, a mio avviso, il migliore album che i Darkness abbiano mai creato e uno dei prodotti discografici più interessanti del decennio; è forse uno degli ultimi afflati di quel rock di qualità che si vedeva negli anni ’80, magari passato in sordina, proprio perché, di questi tempi, non tutti hanno gli strumenti culturali per comprenderne il valore.

Easter is Cancelled è un bellissimo percorso di musica e testi che trasudano carisma, connessione, crescita, pathos e melodia, un assortimento di chitarre elettriche e acustiche che si alternano con un’armonia perfetta, tra monito, dolore, apertura e sentimento profondo.
Rock and Roll Deserves to Die apre la sequenza come brano meta-musicale. L’intro crea attesa e suspence, ma se avrete mai la fortuna di sentirla live, l’eco sorda e profonda della batteria di Rufus Taylor vi rapirà la mente, mentre con crudo realismo gli acuti di Justin Hawkins accuseranno quel rock ‘n roll fatto da ciarlatani tutti tatuaggi e nessuna cicatrice, in un castello di carte costruito sul nulla.
Questo requiem, però, reca nella sequenza di note proprio la rinascita del rock dalle sue ceneri, giacché un brano così non merita proprio di morire. Un video estremamente ironico completa il quadro, come una ciliegina sulla torta.

Passiamo quindi a How Can I Lose Your Love, ballata sentita e tormentata che ondeggia tra la bellezza dell’amore e i suoi lancinanti dolori, perfettamente espressi nell’assolo centrale.
Live ‘Til I Die è invece un racconto autobiografico di Justin, in cui esprime gratitudine al padre, il quale, lavorando duramente, ha mantenuto vivi i sogni dei due fratelli Hawkins. Un inno alla vita e all’amore, all’indulgenza verso gli errori che diventano lezioni e, più in generale, a non sprecare un singolo respiro ‘til we die. Evidente l’assonanza dell’intro con Now I’m Here dei Queen, con la chitarra elettrica di Justin che si fonde idealmente con quella del suo mentore, Brian May, prima che il brano prenda una direzione più originale e personale.

Heart Explodes è un’altra ballata che conquista ogni volta i fan più affezionati, fino a scuoterli nelle ossa.
L’intro è quel che forse avvicina di più Rufus Taylor a suo padre, se volete confrontare questo passaggio con la batteria di We Will Rock You: un altro parallelismo con i Queen che diventa timbro di qualità, mai sovrapposizione o copia. L’andamento di questa ballata è un climax ascendente, che esplode di dolore con qualche opzione, ma senza una soluzione visibile. Rimane solo il battito finale, outro che chiude il cerchio.

Passiamo a Deck Chair, a mio avviso un capolavoro vocale perfettamente accompagnato, sostenuto e valorizzato a livello musicale, che va ascoltato nel giusto stato mentale e ambientale. Il testo sembra in contrapposizione con la serietà della melodia, accennando ad una sedia che sparisce all’improvviso, ma la metafora sta a rappresentare un punto di riferimento che viene meno, lasciando il protagonista smarrito nel vuoto. Un’immagine di perdita che ognuno può far propria a seconda delle circostanze.
Justin in questo pezzo mostra tutto il suo range vocale, inconfondibile marchio di fabbrica.

Easter Is Cancelled, il brano che dà il titolo all’album, si può apprezzare nel 2025, con il senno di poi, ancor più che al momento dell’uscita (ottobre 2019), contenendo infatti la profezia di quel che sarebbe successo nel 2020: Pasqua cancellata e un’epidemia che viene diffusa per poter vendere la cura, per la gioia dei complottisti. Vengono i brividi al pensiero di quel che è successo solo quattro mesi dopo, gli stessi brividi degli acuti di monito e richiamo a una speranza per questo mondo avvelenato, dosati al punto giusto.

Heavy Metal Lover torna alla leggerezza per la quale i Darkness sono famosi, con cori di Queen-discendenza ed un testo giocoso che strizza l’occhio ad un’ipotetica ragazza amante del heavy metal, musicalmente assortito ad hoc.
Con In Another Life si ritorna alle ballate romantiche: un lento da apprezzare su un amore impossibile fra un diavolo e un angelo, concretizzabile solo in un’altra vita, sebbene il video offra in realtà un lieto fine, con il divertente aiuto di tutti. Profezia autobiografica? Per il momento sembra proprio di no, con il nostro protagonista bloccato negli abissi di trend superficiali, incubi estetici e content discutibile.

Choke on It è un’accusa ad un’anima traditrice a cui si augura il soffocamento, pezzo che chiunque può far proprio, nei momenti in cui la rabbia prende il sopravvento.

We Are the Guitar Men ha un’intro acustica che, almeno per me, vale da sola l’album. Un’ode alla chitarra come estensione dell’anima e salvezza dai pensieri più oscuri, la passione che ti salva quando tutto intorno sembra crollare, la luce nel buio, il proposito di una vita che non verrà mai meno nonostante quel che il cammino riserva; il coro diventa particolarmente significativo perché è la band che va all’unisono in un volo sincronizzato nei cieli più alti, una parte corale di nuovo vagamente ispirata ai Queen, un inno ai Darkness come unica certezza e porto sicuro.

Laylow è un luogo e un rifugio allo stesso tempo realistico e figurato, di nuovo con un accompagnamento esclusivamente acustico vivace e brioso.

Different Eyes rimane su questo filone allegro e positivo di chi si affaccia al mondo con prospettive diverse.
E arriviamo a Confirmation Bias: i Darkness si sono cuciti addosso l’immagine del personaggio scanzonato, leggero e la fetta di mercato che li rappresenta si è sempre aspettata questo da loro. Applausi (che compaiono durante il brano come fosse suonato davanti a un intimo pubblico di pochi intenditori) al coraggio mostrato in questa canzone di staccarsi completamente da questo cliché e proporre qualcosa di estremamente sofisticato, senza però perdere la loro identità.
Gli acuti di Hawkins raggiungono qui i livelli più alti di falsetto, mentre una base semplice ma elegante li accompagna alla perfezione. Un pezzo che si può solo odiare o amare, senza via di mezzo, a seconda del gusto che si ha per questo aspetto della sua vocalità.

Sutton Hoo termina deliziosamente l’album, con un’aura di mistero e una storia senza soluzione.

Con questo disco, i Darkness hanno dimostrato che progredire in un percorso di maturazione senza strappare le proprie radici è possibile ed auspicabile, in quanto rimanere ancorati all’immagine dell’età dorata sarebbe ora anacronistico.
L’auspicio era che continuassero su questo percorso, non tanto per l’aspettativa in sé, quanto perché un album è sempre il segno dello stato di salute di una band e della sua collocazione sul cammino di una vita.
È altresì vero che, quando una band dimostra di saper creare un lavoro come Easter is Cancelled, non potrà più nascondersi e qualsiasi passo falso postumo non minerà le certezze che ci ha fornito, bensì ci farà solo sperare in qualcosa di meglio per il futuro.
I Darkness sono un gruppo che non ha bisogno di inseguire tendenze di marketing o narrative alla moda, ma solo di confermare ogni volta la propria identità, portando qualche innovazione: l’arte nel rock è saper interpretare la realtà, traducendo in note ribelli i contrasti che viviamo. Tutto il resto è noia.

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