The Murder Capital
Blindness
Human Season Records
21 febbraio 2025
genere: post-punk, shoegaze, power rock, alternative rock, noise pop, post-rock, psych folk, dream rock, dark folk
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Recensione a cura di Andrea Musumeci
A distanza di due anni dalla pubblicazione dell’acclamato Gigi’s Recovery, gli irlandesi The Murder Capital si riaffacciano sulla fervida scena del post-punk revival con il nuovo album intitolato Blindness, edito per Human Season Records.
È ormai risaputo che il post-punk revival segue un ciclo vitale piuttosto schematico e prevedibile: tutte le realtà musicali che intraprendono la strada del cosiddetto “post-punk revival” vanno dritte si e no per un paio di dischi, dopodiché iniziano a sterzare verso un sound più versatile, accessibile e di conseguenza meno radicale. È già successo a Viagra Boys, Shame, Idles e Fontaines DC, giusto per citare qualche nome.
È evidente che a un certo punto subentri il bisogno fisiologico (e discografico?) di addomesticare l’impeto grezzo degli esordi e liberarsi da certe dinamiche di genere, per lasciare spazio ai momenti di riflessione e provare a volare con le proprie ali, ma senza la necessità di snaturarsi del tutto.
Ed è proprio da quei momenti di riflessione, di rallentamento, di intimità, di complicità che affiorano i colori più espressivi dei The Murder Capital. L’intento è quello di approfondire una visione critica nei confronti dei messaggi che riceviamo quotidianamente, andando a scandagliare la cecità dei sentimenti, il male perpetrato in nome di ideologie fuori controllo e la nostalgia di quelle assenze che pesano come presenze.
Composto da undici brani, Blindness raccoglie dunque l’urgenza di un’evoluzione compositiva in grado di assecondare un raggio d’azione più ampio sotto l’aspetto creativo, tanto nelle singole individualità quanto nell’idea di collettivo. Il titolo del disco sottende una sorta di omaggio al romanzo Cecità di José Saramago, metafora illuminante dell’involuzione del mondo moderno, nei suoi cambiamenti e nella rappresentazione di quell’epidemia che per José Saramago era allegoria di degrado etico.
Come ha dichiarato il cantante James McGovern, in merito al concepimento di questo terzo capitolo discografico: “Davanti a noi, nel nostro campo visivo immediato, ci sono le cose che possiamo toccare, l’amore che possiamo sentire. Poi c’è tutto il resto. La cecità è la convinzione distorta. Il dietro di noi. L’isolato. L’amore a distanza. La fede negata. Il patriottismo deviato. Il volto sbiadito degli istanti nella vista posteriore“.
Alla maniera dei trapezisti che si allenano per vincere il loro disagio terreno ed esistenziale, i The Murder Capital abbracciano ed esplorano un percorso fatto di ampiezza sonora, riflettendo su storie personali e temi sensibili dei nostri tempi: dalle complicate dinamiche dei rapporti interpersonali al sacrificio delle relazioni a distanza (Words Lost Meaning, A Distant Life), dal clima politico sempre più polarizzante e destabilizzante alla strumentalizzazione del patriottismo a discapito delle diversità (Love Of A Country – “could you blame me for mistakin’ your love of country for hate of man?), passando per i sogni di gioventù che collassano sull’asfalto dell’età adulta e il concetto d’identità sempre più a rischio (Trailing A Wing), fino al gentile tributo alla memoria del compianto Shane McGowan (Death Of A Giant), figura carismatica della musica irlandese e leader dei The Pogues.
Se i Fontaines DC sembrano aver virato verso l’estetica new romantics degli anni 80, i The Murder Capital, con il nuovo album Blindness, sembrano essersi focalizzati sull’intensità pruriginosa degli anni 90, smussando gli angoli più spigolosi del post-punk e facendo confluire quella passione epidermica all’interno di un’ispirazione brit pop (quando in stile sbilenco alla Blur quando nel mood malinconico dei Radiohead) di prospettiva decisamente più radiofonica (su tutti gli episodi di Word Lost Meaning, A Distant Life, Love Of Country e Trailing A Wing).
I The Murder Capital riescono a cucire trame eclettiche e oblique, attraverso una costante tensione strumentale di combinazioni soniche e umorali, che progredisce nel ventre di linee ritmiche vigorose e pulsanti, fendenti sferraglianti e nevrotici (Moonshot, That Feeling), sempre sul filo di una tensione cupa e notturna che si attenua in melodie stralunate dai rimandi alternative-rock (un po’ Smashing Pumpkins e un po’ Pixies) e nelle traiettorie oniriche e argentee di un dream-rock a tinte elettroacustiche (Swallow, Trailing A Wing). Il tutto condotto dal crooning evocativo e magnetico di McGovern, con il suo timbro sospeso tra cantilene laconiche e controllata irrequietezza lirica, a rimarcare la condizione di alienazione dell’attualità, la mancanza di una dimensione comunitaria e l’eterno dualismo della natura umana, nel suo sottile equilibrio tra luci ed ombre, contrasti e armonie.
Insomma, quella dei The Murder Capital è la storia che conosciamo da sempre e che in fondo ci accomuna: ovvero uscire da una fase per entrare in un’altra fase, svincolarsi da un compromesso per accoglierne un altro, reinventandosi ogni volta per rintracciare la propria identità, i propri sentimenti. E allora viene da chiedersi: saremo mai liberi di volare con le nostre ali?
Tracklist:
1. Moonshot 2. Words Lost Meaning 3. Can’t Pretend to Know 4. A Distant Life 5. Born Into The Fight 6. Love Of Country 7. The Fall 8. Death Of A Giant 9. Swallow 10. That Feeling 11. Trailing A Wing
Membri della band:
James McGovern alla voce, Damien Tuit alle chitarre, Cathal Roper alle chitarre, Gabriel Paschal Blake al basso, Diarmuid Brennan alla batteria
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