The Smile: recensione di Walls Of Eyes

The Smile

Walls Of Eyes

XL Recordings

26 gennaio 2024

genere: post-rock, sonorizzazioni, jazz, krautrock, noise, psichedelia elettronica, alt-folk

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Recensione a cura di Andrea Musumeci

Non solo i muri hanno le orecchie, ma oggigiorno, schermati dietro la facciata borghese del progresso, quei muri hanno anche occhi pronti ad osservare, spiare e sentenziare. Ed è proprio in mezzo a quelle pareti di sguardi che scorre e si assottiglia la vita di ognuno di noi.

A distanza di due anni dal sorprendente esordio con il disco A Light For Attracting Attention, la band inglese The Smile, progetto parallelo di Thom Yorke e Jonny Greenwood insieme al batterista Tom Skinner dei Sons Of Kemet, manda alle stampe il suo sophomore album intitolato Walls Of Eyes, edito per XL Recordings e anticipato dall’uscita dei singoli Bending Hectic, Walls Of Eyes e Friend Of A Friend.

Registrato negli studi di Oxford e agli Abbey Road Studios di Londra, con gli archi eseguiti dalla London Contemporary Orchestra, Walls Of Eyes segna un altro importante passo per Thom Yorke e “la sua fabbrica del sorriso”. Se A Light For Attracting Attention è stato percepito come un occasionale divertissement garage-rock e afrobeat, con le otto tracce di questa nuova fatica in studio i The Smile sembrano voler fare sul serio ed espandere il loro raggio d’azione, andando a smussare certe asperità riff-centriche in favore di sonorizzazioni e intelaiature ritmiche di maggior ampiezza e profondità sensoriale.

Così, divertendosi a giocare con tonalità vocali e polifonie orchestrali, i The Smile riescono a confezionare un art-rock visionario e spiazzante, che coniuga orecchiabilità pop e malinconica dolcezza; un’opera complessa e universale, dove immagini, colori e paesaggi confluiscono all’interno di un astrattismo scenico ed emozionale (come raffigurato nell’artwork a cura di Stanley Donwood), attraverso avvolgenti saliscendi sonori dalle traiettorie cosmiche, sinuose e a tratti dissonanti.

Chiaramente, parliamo di un prodotto la cui fruizione non è affatto di facile e immediata digeribilità. Per questa ragione, Walls Of Eyes ha bisogno di ripetuti ascolti, è necessario che sedimenti un po’ prima di essere apprezzato appieno. Tutti passaggi in controtendenza rispetto al parossismo warholiano che caratterizza il consumismo iper-accelerato della società contemporanea.

Se la titletrack scivola sulle corde di un ombroso alt-folk dai profumi esotici di bossanova, a cui si aggiungono delicate tessiture d’archi, Teleharmonic si adagia su morbide atmosfere chill-out e leggeri bacchettii di percussionismo etnico, con l’impiego di flauti a conferire una sorta di oniricità prog. In Bending Hectic, un malinconico e balsamico crooning “walkeriano” si insinua tra arpeggi di chitarra che aumentano e diminuiscono d’intensità acustica a seconda dell’accordatura, finendo per deflagrare su distorsioni noise.

Negli episodi di Read The Room e Under Our Pillows la tensione audio-emotiva cambia registro, si fa più stridente: ritmi cervellotici dagli echi krautrock si mescolano a enigmatici suoni carpenteriani e luccicanze di rimando kubrickiano. Se provassimo per un attimo a leggere la frase Read The Room allo specchio, verrebbe fuori la scritta “Murder” di Shining. Ovviamente con una buona dose di immaginazione.

In Friend Of A Friend, Thom Yorke ci offre invece un soffice, ammaliante e jazzistico groove-soul alla Norah Jones misto a Björk, passando anche per certo retaggio radioheadiano, mentre una cantilena dal timbro narcolettico accompagna il groove ipnotico di I Quit, fluttuando con estrema lentezza all’interno di una stanza senza pareti, illuminata in lontananza soltanto da impercettibili luci a intermittenza.

Nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma, come quando si chiude una fase della vita e dobbiamo prepararci ad accoglierne un’altra, e poi un’altra ancora, fino a rievocare vecchie galassie e mondi sommersi nella catarsi sciamanica della ballata per piano e voce di You Know Me!.

Sotto l’aspetto tematico, oltre a dar voce alle fobie personali e a un consumato senso di inadeguatezza nei confronti della realtà, Yorke e Greenwood focalizzano la loro sensibilità testuale sul precario equilibrio psichico in cui versa la società moderna, ripensando al periodo in cui eravamo in quarantena per la pandemia, quando tutti cercavano di condividere musica dai balconi come terapia per esorcizzare la paura, oppure a quelle dinamiche alienanti che continuano a influenzare e polarizzare la comunicazione di massa, oltre a generare iconologie completamente fuori controllo – come nel caso della titletrack e di Friend Of A Friend, acronimo che indica la modalità di trasmissione orale delle leggende metropolitane.

Smettere di inseguire le frenesie del vivere quotidiano. Smettere di rimpiangere la sabbia che ci è sfuggita tra le mani. Smettere di pensare che sia possibile tenere ogni cosa sotto controllo, ma assecondare piuttosto la bellezza dei cambiamenti, delle nuove strade, ovunque esse ci porteranno. Sembra essere questo il monito che Thom Yorke e i suoi sodali intendono trasmettere con Walls Of Eyes a tutti quelli che continuano a rifugiarsi nel passato, tra le braccia della nostalgia, nel ricordo dei Radiohead (ad esempio), anziché spingersi oltre quella soglia e aprirsi a nuove opportunità e prospettive.

Membri della band:

Thom Yorke, Jonny Greenwood e Tom Skinner

Tracklist:

01. Wall Of Eyes 02. Teleharmonic 03. Read The Room 04. Under Our Pillows 05. Friend Of A Friend 06. I Quit 07. Bending Hectic 08. You Know Me!

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