Tom Odell: recensione di A Wonderful Life

Tom Odell

A Wonderful Life

(Urok)

5 settembre 2025

genere: cantautorato indie-pop, piano ballad, indie-rock

_______________

Recensione a cura di Andrea Musumeci

A un anno dall’uscita di Black Friday, Tom Odell torna ad accarezzare i sensi con A Wonderful Life, un album che sembra chiudere la trilogia iniziata con Best Day Of My Life. Un disco fatto di contrasti – luce e ombra, sogno e disincanto – in cui il titolo suona quasi come una provocazione, soprattutto in un presente così incerto e complesso.

Ma al tempo stesso rappresenta un invito, dolce e malinconico, a non smettere di vivere. Perché, nonostante tutto, anche nei momenti più difficili, la vita resta un viaggio meraviglioso. In A Wonderful Life, Tom Odell lascia intendere proprio questo: anche nel dolore, nella vulnerabilità, nei piccoli e grandi drammi quotidiani, ci può essere spazio per la bellezza, per l’empatia, per la speranza, per l’utopia.

Il cantautore inglese, oggi trentacinquenne, conosciuto per il suo stile emotivo costruito attorno al pianoforte e a una voce soave e avvolgente che vibra tra fragilità e intensità, a metà tra Thom Yorke, Jeff Buckley, Chris Martin ed Elton John, resta fedele a una scrittura essenziale, diretta e sincera, capace di toccare corde intime e condivise. In questo nuovo lavoro, Odell si espone con delicatezza, mette a nudo i sentimenti, racconta il dolore senza filtri e colpisce dritto allo stomaco, con la sensibilità che da sempre lo contraddistingue.

L’artwork in copertina – una figura sfocata che emerge dall’oscurità – è perfettamente in linea con i temi del disco: identità, confusione, ricerca. Le dieci canzoni di A Wonderful Life si muovono su arrangiamenti minimali, in punta di tasti, tra il luccichio acustico di morbide chitarre jangly, melodie orecchiabili, archi e fiati ad amplificare la profondità degli stati d’animo, e quella poetica sospesa che è ormai il carattere espressivo di Odell.

Sotto l’aspetto testuale, Tom affronta questioni delicate: infanzia perduta, alienazione digitale, solitudine, desiderio di fuga, mancanza di fiducia, inadeguatezza e bisogno di accettarsi. In Ugly troviamo il disagio legato alla percezione di sé: “I’m standing in the mirror, I wanna change my skin, wish that I was taller, wish that I was thin… You don’t love me ‘cause I’m ugly, I wish I was pretty”. Un passaggio che evidenzia, con la spietata onestà di Creep dei Radiohead, quanto oggi il valore personale venga giudicato soprattutto dall’aspetto esteriore, dimenticando chi siamo davvero.

Nella traccia che dà il titolo all’album, Wonderful Life, l’artista riflette sulle complicate dinamiche dell’esistenza, attraverso immagini quotidiane ed emozioni conflittuali. Un’esortazione a guardare le piccole cose, a riscoprire ciò che si ha, invece di rincorrere costantemente ciò che manca.

Lo stesso tema ritorna in Why Do I Always Want The Things That I Can’t Have?, con uno dei versi simbolo dell’intera release: “Lying on the bathroom floor, dreaming of a time, a time we’ll look back at all this and laugh, and slowly pick up all the broken glass”. Un’immagine nitida e dolorosa, che racconta di perdite, rimpianti, ferite ancora aperte. Ma anche della possibilità di rimettere insieme i pezzi, trovando sollievo nell’arte e nella musica, per alleggerire il peso di certa solitudine.

Tutta la narrazione della release ruota intorno alle insicurezze, ma senza autocommiserazione. Anzi, affiora una forma di resistenza. In Don’t Let Me Go e Don’t Cry, Put Your Head On My Shoulder, Odell sembra voler dire che, nei momenti peggiori, l’unica rassicurazione è esserci, poi il tempo farà il resto: “It’s never as bas as it seems, it hurts right now but it won’t forever, we’re gonna get through it together”.

Il disco si chiude con The End Of Suffering, accompagnato da queste parole: “At the end of suffering, there is a door. There is nothing, and everything and more. A sticker on the window says something like ‘You got nowhere else to go, take a step back'”. Un modo per dire che ogni fine porta con sé nuove possibilità.

E qui Tom Odell sembra accostarsi, in modo del tutto naturale e forse anche involontario, a José Saramago, che ne L’Uomo Duplicato scrive: “Il caos è un ordine ancora da decifrare”. Una frase che sembra racchiudere l’anima dell’album: la sofferenza come soglia, il disordine come passaggio.

Così, nel caos che attraversa la contemporaneità, A Wonderful Life rappresenta proprio questo: un ordine da ritrovare nel disordine delle emozioni. Un rifugio per chi si sente fuori posto. E forse, come nel kintsugi, l’antica arte giapponese che ripara con l’oro ciò che è andato in frantumi, Tom Odell ci ricorda che proprio lì, tra crepe e frammenti, può nascere una nuova forma di bellezza. Solo allora si è davvero pronti per tornare a casa.

Tracklist:

1.Don’t Let Me Go 2.Don’t Cry, Put Your Head On My Shoulder 3.Prayer 4.Can We Just Go Home Now 5.Why Do I Always Want The Things That I Can’t Have 6.Wonderful Life 7.Ugly 8.Strange House 9.Can Old Lovers Ever Be Friends? 10.The End of Suffering

© 2025, Fotografie ROCK. All rights reserved.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.