Umberto Palazzo: recensione di L’Eden Dei Lunatici

Umberto Palazzo

L’Eden Dei Lunatici

autoproduzione

4 luglio 2020

genere: cantautorato italiano, psichedelia, funk, soul, R&B, soft rock

_______________

Recensione a cura di Andrea Musumeci

Si sa, i lunatici sono le persone più adatte ad affrontare il cambiamento. Ed esiste qualcosa di più lunatico della vita stessa?

Cercare di interpretare la volubile contemporaneità senza cedere alle mode catchy del momento, ma tenendo bene a mente la filosofia deontologica del passato, per poi, alla fine, rimettere tutto in discussione. Insomma, un po’ come vivere sulle montagne russe, condizionati dalle fasi lunari.

Con un’esperienza musicale ormai trentennale alle spalle, ed una visione discografica a 360 gradi, Umberto Palazzo (fondatore dei Massimo Volume e deus ex machina della sua creatura Santo Niente, tanto per citare due dei suoi progetti più importanti) torna a ronzare sui dancefloor di provincia con L’Eden Dei Lunatici, album autoprodotto e concepito durante il periodo di lockdown pandemico.

Il “moscone di Pescara” si reinventa e scruta la realtà con i suoi grandi occhi, tra passioni e sentimenti, tra situazioni paradossali e narrazioni irriverenti, tra momenti di timidezza e introspezione che fanno da cornice ad istantanee in bianco e nero e al sapore sapido dei ricordi, adagiandosi con briosità e leggerezza sui classici del cantautorato tricolore.

Un concept dedicato alla “sua” riviera ed un ponte immaginifico che unisce l’aria frizzante delle lunghe spiagge della costa adriatica (sabbiosa nella prima parte, che si apre poi a splendidi paesaggi naturali rocciosi), al relax, alla spensieratezza e al fascino tropicale dei ritmi esotico-caraibici.

Ad un primo contatto epidermico, L’Eden Dei Lunatici profuma palesemente di un certo manierismo celebrativo, che va a corteggiare, con la nonchalance dell’attempato playboy, la musica popolare italiana, facendo capolino tra i fantasmi di Lucio Battisti, Ivan Graziani, Lucio Dalla e Rino Gaetano.

Eppure c’è molto altro. Umberto Palazzo è un alchimista del suono: mescola musica black, swing ed il gusto per la melodia della scrittura poetica nostrana. Il “Santo” abbraccia l’estetica new romantic anni Ottanta, l’accompagnamento ammiccante e divertente delle ritmiche disco funky soft, quando frenetiche e quando da struscio, la sensibilità fusion e nottambula di Donald Fagen, il raffinato R&B old school del Prince di Money Don’t Matter Tonight, la “locura” dei tormentoni estivi e, giustappunto, la gloriosa tradizione delle nostre “musichette” da classifica, quelle alla Alan Sorrenti, per capirci.

L’Eden di Umberto Palazzo, oltre a candidarsi sul podio virtuale dei dischi più goderecci e radiofonicamente spendibili di quest’estate segnata dal distanziamento sociale, si presenta come una sorta di ritratto autobiografico e sonoro dal groove moderno e dal respiro internazionale, ma che, al tempo stesso, sa di “vecchio”. Il ché non è difetto, ma carattere, come diceva Postiglione in Compagni di Scuola.

Il paradiso terrestre dei lunatici sembra, dunque, appartenere ad un’epoca passata; rievoca la ricchezza psichedelica dei sogni adolescenziali, mentre un’atmosfera chill out da crepuscolo sul litorale abruzzese descrive perfettamente situazioni da fotoromanzo e memorie di pranzi in famiglia, immergendosi a piè pari nelle acque tiepide ed effervescenti della nostalgia, senza mai sconfinare nella malinconia.

© 2020, Fotografie ROCK. All rights reserved.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.