Vandarko: recensione di Falsi Eroi

Vandarko

Falsi Eroi

Alka Record Label

20 maggio 2020

genere: alternative rock, garage rock, disco rock

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Recensione a cura di Andrea Musumeci

Anticipato dall’uscita dei singoli Zeromille, Storie di Niente e Ilaria su Marte, esce Falsi Eroi, l’album d’esordio della alt-rock band casertana Vandarko, edito per Alka Record Label, sotto la produzione artistica del fidato Michele Guberti.

Eroe è chi dà prova di straordinario coraggio e abnegazione, chi si sacrifica per affermare un ideale. “Beati i popoli che non hanno bisogno di eroi”, oppure “Sventurata la terra che non produce eroi”? Divisi tra massime brechtiane e sartiane, ci ritroviamo troppo spesso ad eleggere eroi ed eroine con troppa superficialità, assecondando le ossessioni massmediatiche per quella retorica che inneggia a eroi “usa e getta” e appiccica etichette di encomio a figure non meritevoli, dimenticando che la storia si torce e ritorce di continuo.

Calandosi nelle avventure dell’odissea contemporanea, il progetto Vandarko – monicker che nasce da una storpiatura del nome Giovanna D’Arco – si è di fatto concretizzato durante il periodo della pandemia, in quel destabilizzante contesto d’isolamento che ha messo a dura prova anche (soprattutto) l’intero settore musicale, quando c’era chi decideva quali fossero le attività essenziali e non essenziali nella vita di ognuno di noi.

Il quartetto campano – composto da Antonio Sorvillo alla chitarra e voce, Andrea Migliore alla chitarra, Michele Loffredo al basso e Christian Di Tano alla batteria – si affaccia sul mercato discografico con quel desiderio comune e utopico di riabbracciare una prospettiva più profonda, una rinnovata curiosità e l’importanza delle cose semplici, oppure semplicemente manifestando il bisogno conservativo di tornare a rifugiarsi in quel concetto di vecchia normalità pre-covid, in quelle azioni in cui l’unica cosa che tende veramente a rinnovarsi è il reiterato sintomo di stanchezza e delusione nei confronti dei cambiamenti in corsivo della società.

Otto tracce cantate in italiano in cui si condensano contenuti autobiografici, gli stati d’animo di ogni singolo componente e tutte le Cicatrici accumulate in questi ultimi anni di restrizioni, insieme alla necessità barra urgenza di ricominciare a suonare dal vivo. Così, i Vandarko – con l’intento di dare il proprio contributo alla sopravvivenza della scena underground dell’alternative rock – esprimono un repertorio di coordinate sonore riconoscibili, stimolanti e dal taglio decisamente radiofonico, muovendosi tra alt-rock, groove garage e forme danzanti del rock: da un lato, ispirandosi al canto sirenico di alcune realtà anglofone a cavallo tra la fine degli anni ’90 e gli anni ’00, quali Royal Blood e Queens Of The Stone Age, e dall’altro dando un’impronta stilistica affine a certa sensibilità melodica italica, ascrivibile a quel malessere impetuoso dei Fast Animals And Slow Kids.

Attraverso la corposa energia della sezione ritmica, le scattose frenesie delle chitarre e la rabbia graffiante della parte timbrica in piena sintonia con liriche taglienti e intrise di quel disagio conseguenza del suo tempo, i Vandarko riescono a trasmettere in musica un impianto tematico legato a una serie di riflessioni malinconiche, ciniche e critiche sulle condizioni di un’umanità sempre più decadente e individualista, sul modo in cui ci intrappoliamo in noi stessi e su un mondo eticamente deficitario e abitato per lo più da falsi dèi, avvoltoi, millantatori e sanguisughe: nuovi e vecchi Mostri di una realtà che dà valore solamente al linguaggio dei profitti e dei numeri, che promette alle platee nuovi Gesù, confermandosi invece sempre più ostile ed estranea alle esigenze della collettività.

Figli di un’infelicità cronica e storica, di nevrosi metropolitane aderenti a un presente sempre più effimero, indifferente, brutale e impalpabile come le alienanti dinamiche interattive nella comunicazione moderna, abbiamo progressivamente dimenticato – se non addirittura rimosso, grazie all’avvento della cancel culture – la lezione di quegli eroi, e quelle vittime, che hanno di fatto segnato la storia del passato, ma che purtroppo appartengono ad epoche ormai troppo distanti e disallineate rispetto alle trasformazioni dell’attualità.

Falsi Eroi mette in evidenza, dunque, una densità narrativa incentrata su un percorso introspettivo inquieto e pulsante, dove paure e ansie si riflettono nello specchio della quotidianità e viceversa, a cui si aggiungono tutte quelle Storie Fatte di Niente che ci riguardano e tutte quelle giornate sospese in apnea – come l’aria su Marte – condannando l’estenuante peso delle responsabilità, dell’ipocrisia, delle maschere che dobbiamo indossare e del conformismo che schiaccia le nostre identità e che, ogni tanto, bisognerebbe scrollarsi di dosso.

E così siamo portati a desiderare in qualche modo la compensazione di un esterno che delude, dove le aspettative passano da zero a mille per poi tornare nuovamente al livello zero (Zeromille), con l’illusione di poter anestetizzare le intossicazioni sociali per mezzo di deterrenti chimici (Sei Gocce di Veleno), come se fosse auspicabile guardare il mondo dal di fuori, da una bolla esclusiva, fosse anche soltanto per un giorno. “We can be heroes, just for one day”.

facebook/vandarkoband

Membri della band:

Antonio Sorvillo: chitarra e voce

Andrea Migliore: chitarra

Michele Loffredo: basso

Christian Di Tano: batteria

Tracklist:

1. Smash!

2. Zeromille

3. Sei Gocce di Veleno

4. Ilaria su Marte

5. Cicatrici

6. Pompei Brucia

7. Mostri

8. Storie di Niente

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