The Sound

I The Sound sono stati un gruppo segnato dalla malasorte e da un inconcepibile insuccesso commerciale.

‘Total Recall’ è una delle canzoni più belle che abbia mai ascoltato.

È stato amore al primo ascolto; quanto vorrei avere la macchina del tempo per tornare indietro negli anni e poter assistere ad un concerto dei The Sound.

E soprattutto, per fermare Borland sui binari di quella stazione londinese.

Adrian Borland avrebbe meritato una considerazione diversa; aveva una voce stupenda, ma è stato sempre lontano dai circuiti commerciali, e forse per questo motivo non è mai stato un frontman carismatico.

I The Sound sono stati dei grandi musicisti, facevano tutto bene, tra i più sottovalutati della storia della musica, ma se ci fate caso, mediamente, non hanno mai avuto dei picchi.

La storia della musica dimostra che per una band è meglio realizzare un album capolavoro dal punto di vista commerciale e tre dischi mediocri, anziché quattro ottimi album, ma senza il successo popolare.

I The Sound sono il classico esempio di band ignorata nella sua epoca e riscoperta invece vent’anni dopo, in tutta la loro bellezza e importanza, un pò come è accaduto ai Chamaleons.

Avete presente l’album ‘Script of the Bridge?

Bè, ora è tornato in voga, ma ricordiamoci che nessuno lo ha cagato per anni.

“I giovani non hanno più fede nella musica rock, nel vivere e morire per essa. Stravaganza, divertimento e pretenziosità sembrano essere fiorenti nella musica rock oggi. La gente non vuole più la realtà, vuole la fantasia”.

[Adrian Borland]

I The Sound avevano tutto per sfondare. Un talento melodico fuori dal comune, un talento viscerale e nevrotico ereditato dalla nobile scuola di Velvet Undergound e The Stooges, un tocco psichedelico ereditato dai The Doors, una sensibilità oscura degna di Cure e Joy Division.

Ed, in più, un linguaggio moderno nei testi, sospesi tra le ansie di rivolta del punk e gli spettri della solitudine e dell’angoscia, prodotti di quell’alienazione post-industriale che ossessionerà gran parte della new wave.

Il ‘turning point’ negativo, se ce n’è uno, è all’altezza dell’album ‘All Fall Down’.

Grandi aspettative, incrocio storico temporale perfetto, era il 1982, eppure niente va per il verso giusto.

Ricorda in proposito il batterista Mike Dudley: “Pensavamo che la casa discografica ci avrebbe dato il supporto che meritavamo, e se davvero volevano a quel punto un disco commerciale, dovevano investirci un bel po’ di soldi, cosa che non avevano fatto per ‘Jeopardy’ né per ‘From The Lion’s Mouth’.

Perciò quando cambiarono idea, e ci dissero ‘La soluzione è che voi scriviate più canzoni commerciali’, pensammo ‘Fottetevi’, andammo per la nostra strada e producemmo ‘All Fall Down’.”

Che, in effetti, tutto è tranne che un disco commerciale, intriso di smarrimento new wave e sperimentazioni inquiete, come nel caso dell’epica e destrutturata ‘Glass and Smoke’.

E così, tra perdite secche, arresti e false ripartenze, attorno alla metà degli anni Ottanta, evaporano progressivamente le attese di questo gruppo, che si scioglie definitivamente nel 1987 dopo aver dato alle stampe il dignitosissimo ‘Thunder Up’.

Il resto è la carriera solista di Adrian Borland, che va di pari passo con il progredire della sua malattia mentale, fino al suicidio nel 1999.

Si dice che la fortuna aiuta gli audaci, e forse i The Sound, audaci, non lo furono affatto, sebbene la malasorte non li abbia assolutamente risparmiati, in particolar modo non ha risparmiato il compianto Adrian Borland.

Ci sono canzoni e artisti che entrano nelle nostre vite, quasi per caso, che raggiungono la nostra curiosità, fino a farci battere il cuore.

Questi erano i The Sound, i meravigliosi e sfortunati The Sound.

Per non dimenticare.

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