27 febbraio 1995: Bleach dei Nirvana diventa disco di platino

27 febbraio 1995.
Bleach dei Nirvana diventa disco di platino.

All’inizio degli anni ’90, il successo dalla riuscitissima copertina del poppante in piscina fu fondamentale per la genesi della fenomeno grunge. Prima di Nevermind il termine grunge, come categoria di genere musicale, non esisteva affatto. Tutti gli altri gruppi della stessa area geografica vissero di luce riflessa. O quantomeno poterono sfruttare quella chance, quel nuovo vento a favore, per uscire dai propri confini, per contribuire al successo mondiale del cosiddetto Seattle sound e per vincere dischi di platino.

Quella di Seattle divenne una realtà underground importante, grazie soprattutto al lavoro della SubPop e delle radio locali, ma senza il supporto delle major discografiche (Geffen Records), probabilmente, le camicie dei boscaioli non sarebbero arrivate nemmeno a San Diego.

I grungettari non erano accomunati da uno stesso genere, né da una stessa idea filosofica, né dal modo di vestire. L’unico bene comune era Seattle. La cultura, la geografia, l’economia influiscono sempre e comunque sulle mode generazionali.

Volevano essere tutti uguali, omologare la figura del musicista, “siamo tutti uguali, siamo come voi”, dicevano ai fan, rinnegando, quindi, l’edonismo delle rockstar eccentriche e viziate degli Ottanta. Finendo, paradossalmente, per diventare proprio come loro, ma senza la necessità primaria di voler apparire.

Eh si, perché alla fine il termine grunge non indica un genere e non indica un movimento. Indica semplicemente una moda. E come diceva Gaber, quando è moda è moda, non importa la specificazione.

Il grunge era quello che serviva al macro-universo rock, oramai in sovrapproduzione e saturo di idee, per ritrovare appeal e nuova linfa vitale, prima di diventare, a sua volta, una macchina da soldi per le case discografiche e merchandising per t-shirt da fighetti.

Bleach, rispetto a Nevermind, aveva un suono più heavy, più cupo, quasi doom, con contaminazioni psichedeliche, acide e garage-fuzz, ma evidentemente era un frutto ancora acerbo per i clienti del grande mercato. Bleach era un disco quasi heavy metal, mentre Nevermind, con i suoi suoni più affinati, rimaneva confinato tra hard rock e new wave punk: perfetto per MTV e radio FM. Ecco, dunque, spiegata la riscoperta postuma di Bleach, in termini di visibilità e di vendite.

Stando alla cronaca del tempo: il titolo Bleach venne in mente proprio a Kurt Cobain quando scoprì, durante la tappa di San Francisco, un manifesto che invitava alla prevenzione dall’AIDS. Il manifesto consigliava a chi faceva uso di eroina di passare della candeggina, in inglese bleach, sugli aghi delle siringhe prima di utilizzarle ed era accompagnato dallo slogan Bleach Your Works.

Nella foto a colori della copertina, scattata da una ex dell’epoca di Cobain, oltre a Kurt e Chris Novoselic ci sono il batterista Chad Channing, che in seguito verrà sostituito da Dave Grohl, ed un elemento aggiuntivo, tale Jason Everman alla chitarra, che praticamente non suona e appare solo nei crediti dell’album.

Insomma, non deve essere gratificante trovarsi al posto di Chad Channing all’indomani del successo di Nevermind, il disco più importante degli anni ’90; l’album grunge pop per eccellenza.

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