Nell’afosa serata del 25 Luglio 2019, ci siamo intrattenuti nella romantica location del Castello di Santa Severa, per la prima edizione di Fermento: Festival delle Birre Artigianali del Lazio. Ad aprire la kermesse, uno dei cantautori italiani più controversi del momento (e degli ultimi 20 anni): Morgan.
Ad accompagnare Marco Castoldi, una band di tutto rispetto. Dal veterano polistrumentista Megahertz, al secolo Daniele Dupuis, che da anni lavora con Morgan, all’ex Afterhours Dario Ciffo alle chitarre, per finire con Agostino Nascimbeni alla batteria e Marco Santoro al fagotto.
Quando vai a vedere un concerto di Morgan, non sai mai cosa aspettarti. Ogni volta è differente. Ogni volta è un’esperienza sensoriale ed emozionale diversa da quella precedente.
Questo perché il Castoldi, da vero artista quale è, ama esprimere se stesso in tutte le sue sfaccettature, a seconda del suo stato d’animo, del tipo di pubblico che si trova davanti, o dell’occasione per cui è chiamato a suonare.
A proposito di pubblico: non dovrebbe essercene bisogno, ma visti i recenti fatti di cronaca che hanno coinvolto Morgan e la sua casa di Monza, Asia Argento e Jessica Mazzoli, Vittorio Sgarbi e il Comune di Sutri, ci sarebbe stato da aspettarsi una platea più numerosa. Evidentemente, e non possiamo far altro che rammaricarcene, la cultura in Italia non tira nemmeno quando si trova sotto i riflettori.
Pochi, ma buoni, dunque.
Morgan arriva in ‘leggero’ ritardo, da vera rockstar, e parte subito con due brani tratti dal suo disco del 2003 Canzoni Dell’Appartamento.
Al termine dell’esecuzione al pianoforte, prende in mano il microfono e si rivolge agli auditori con una dichiarazione d’intenti: suonare per esteso il disco sopracitato, perché mai come ora, possiamo intendere, il tema dell’abitazione lo tocca da vicino.
Così prosegue il viaggio all’interno di quel palazzo di Milano che era il nido nel quale Marco aveva creato un nucleo familiare, insieme a quell’ex coniuge che vuole tremendamente vederlo dormire all’addiaccio. Parole sue.
Dev’essere strano cantare un brano originariamente dedicato ad un amore così tormentato e finito così male, ma Aria è talmente bella che non può non essere eseguita.
Morgan prosegue lo show restando fedele al concept del concerto, illustrando ogni significato intrinseco all’album, con la sua proverbiale arte retorica. Alterna canzoni a spiegazioni; immaginate di trovarvi davanti a Van Gogh che vi racconta come e perché ha dipinto la Notte Stellata, riproducendola davanti a voi.
Terminato quello che sarebbe stato il primo lato dell’LP (ad eccezione di Altrove, ancora non eseguita), Morgan e la band accontentano in parte chi, ad inizio concerto, aveva sperato in un concerto nel quale venissero suonati dei pezzi random.
Ed ecco che arriva quindi il consueto quanto doveroso omaggio a David Bowie, rappresentato dalle (come sempre) egregiamente eseguite Space Oddity, Moonage Daydream e Heroes.
C’è spazio anche per un brano dei Lombroso, band nella quale militano Ciffo e Nascimbeni; si tratta di una cover di Insieme A Te sto Bene di Lucio Battisti.
Terminata questa digressione, si torna nel salotto dell’Appartamento. L’impressione che si ha è quella di un Morgan piuttosto in forma, sia vocalmente che fisicamente. Si inerpica sull’impalcatura dello stage in stile Eddie Vedder, ride e scherza con il pubblico, anche in maniera autoironica, riuscendo a divertire più di qualsiasi comico di Made in Sud.
L’intera audience è ammaliata quando finalmente parte Altrove, brano definito come la più bella canzone italiana del millennio da Rolling Stone Italia. Ed è per questo ancora più dolorosa la botta, quando sul termine della canzone, Morgan abbandona di corsa il palco, come se avesse un treno da prendere al volo. Le reazioni del pubblico sono variegate, tra gli sguardi attoniti di alcuni, fiduciosi che Castoldi si ripresenterà sul palco dopo pochi minuti e le facce deluse di chi ha capito che lo show è inspiegabilmente giunto a conclusione.
Sul perché l’ex Bluvertigo abbia abbandonato la scena senza nemmeno riscuotere il meritato applauso finale, possiamo solo fare delle ipotesi. Quel che è certo, è che Marco Castoldi, in quanto musicista, ma anche in quanto uomo, va preso così, per l’artista eclettico e bohémien che è. Davvero uno dei pochi rimasti.
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