Cult Of Luna: recensione di The Raging River

Cult Of Luna

The Raging River (EP)

Red Creek

5 febbraio 2021

genere: doom, sludge, atmospheric metal, industrial tribal, scream, post-metal

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Recensione a cura di Andrea Musumeci

Nel nuovo capitolo discografico The Raging River, edito il 5 febbraio per Red Creek, gli svedesi Cult Of Luna non solo tengono fede allo spettro sonoro che contraddistingue il loro mantra ventennale, ma creano una vera e propria sinergia sinfonica con la tensione emotiva ed il sentimento drammatico della contemporaneità, consolidandosi quale realtà di riferimento di un genere dai confini sempre più dilatati, al cui interno si condensano l’impeto di macro-atmosfere viscerali e la calma apparente di singole entità insidiose e silenziose.

Già col precedente lavoro in studio, A Dawn to Fear del 2019, la band post-metal di Umeå ci aveva traghettato, come un Caronte moderno, nella fobia profetica di una nuova alba apocalittica e di terrore, anticipandoci, così come fecero anche i Tool con Fear Inoculum, quella che sarebbe stata la prospettiva futura dell’umanità, ben prima che il mondo si trasformasse nell’attuale scenario distopico.

È questo il fiume impetuoso che tracima dalle cinque tracce inedite di The Raging River, raccontato ante litteram nel 1972 dal supergruppo Captain Beyond con il brano Raging River Of Fear: una forza della natura che si ribella, che esplode in tutta la sua potenza espressiva e repressa, distruggendo gli argini e inondando tutto ciò che incontra sul suo cammino.

Il nuovo capitolo dell’imponente ciclo epico-rituale del collettivo scandinavo, nei suoi 38 minuti di riverberi dolorosi e mortiferi, spalanca il proprio orizzonte sonico a una marcia ritmica inesorabile, intransigente, spossante, monumentale, granitica, magmatica, solenne, nichilista, ieratica e funerea.

Un luogo oscuro dell’anima in bilico tra sogno e incubo, tra delirio e isolamento: un limbo dantesco la cui estetica strumentale si trascina nelle paludi lugubri e fangose dello sludge metal, oscillando tra il dark ambient dei fiordi scandinavi e il grigio abrasivo ed ermetico dell’industrial dronico, passando per gli interludi sinistri e liquefatti del post-rock, le urla strazianti di Johannes Persson, lo sciamanismo malinconico e mefistofelico di Mark Lanegan nel southern noir di Inside Of A Dream e il parossismo di lunghe ombre atmosferiche sintetiche, liturgiche, ossessive, spettrali e taglienti come guglie gotiche sabbathiane.

Perseguendo la falsariga del pensiero filosofico kafkiano o nietzschiano, i tre ponti (Three Bridges) dei Cult Of Luna ci introducono in un vortice contemplativo di psichedelia cosmica senza ritorno: uno spazio temporale carico di significati metaforici che concentra in sé diversi aspetti contrastanti, mediante la simbologia sospesa tra due e più mondi, di figure architettoniche che raffigurano passato, presente e futuro, nella loro ciclicità tanto lineare quanto sovrapposta, in quella relazione dicotomica e simbiotica che ha come nucleo concettuale la storia dell’essere umano.

The Raging River sfuma lentamente e inesorabilmente, nella cronaca allegorica della condizione dell’anima in un inferno post-apocalittico rosso ruggine; come una fiamma che, dopo aver esaurito tutto il suo ardore primigenio, si arrende alla convivenza tra sofferenza emotiva e sofferenza fisica, abbandonandosi gradualmente ai propri demoni per trascinarsi, infine, nelle acque placide di una esecrabile rassegnazione.

Tracklist:

1. Three Bridges

2. What I Leave Behind

3. Inside Of A Dream (feat. Mark Lanegan)

4. I Remember

5. Wave After Wave

Membri della band:

Johannes Persson: voce, chitarra

Fredrik Kihlberg: voce, chitarra

Magnus Lindberg: chitarra, percussioni

Kristian Karlsson: tastiere

Andreas Johansson: basso

Thomas Hedlund: batteria

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