A Red Idea
A Second I Will Forget
Beautiful Losers
02 giugno 2023
genere: folk-acustico, psych folk, brit wave, americana, library music
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Recensione a cura di Andrea Musumeci
A distanza di quattro anni dall’esordio discografico con Bad Sea Walks, il 47enne polistrumentista veneziano Alvise Forcellini in arte A Red Idea manda alle stampe il suo sophomore album intitolato A Second I Will Forget, edito nuovamente per l’etichetta Beautiful Losers di Andrea Liuzza.
Scoprire se esiste davvero un altro luogo di pace oltre le passeggiate in fondo al mare, e sognare di volare sopra le nuvole, spinti dal vento, per poi atterrare su altre rive (“sometimes way beyond the sea, I wonder if there is peace). Verosimilmente, è attorno a questo desiderio onirico di ricerca e pace interiore che il cantautore giramondo A Red Idea asseconda la necessità di evasione da una realtà in cui sogni e incubi si confondono (“life was only a second I will forget, a nightmare within a dream”), dove ogni ticchettio – citando Frida Kahlo – è un secondo della vita che passa, fugge e non si ripete.
In questo secondo lavoro in studio, scritto e registrato in totale autonomia, in cui suona tutti gli strumenti (chitarre, basso, sassofoni, mellotron e vecchi synth analogici), il one-man-band A Red Idea, mantenendo quel suo aplomb disincantato e un’identità calligrafica ben definita, riesce a coniugare paesaggi sonori psych-folk, atmosfere dall’estetica vintage anni 60 e 70 e melanconia lagunare, attraverso un registro intimo, lunatico, sofisticato e umbratile in cui convivono disillusione, riflessioni e quell’inerzia sognante che spinge verso territori ancora inesplorati, setacciando lampi di bellezza effimera nella caducità della vita e l’essenza di significati inafferrabili nella temporaneità delle emozioni, nella limitatezza della propria esistenza, nelle onde che cancellano le orme sulla sabbia.
Un collage di nove tracce dove suggestioni elettroniche e rock si tingono di folk e art pop dal gusto anglofono, facendo da sfondo alla voce di A Red Idea, a quel canto così arruffato, indolente e immerso in una sorta di spaesamento mistico alla Damon Albarn. Fitti intrecci di suoni, parole e immagini si intersecano alternando momenti pulsanti e luccicanti a passaggi più dilatati e ombrosi; si va dallo stralunato indie-rock immaginifico di Alt-J alle morbide ritmiche folk-prog dei Midlake, dagli echi pinkfloydiani di In The Sunshine (“with the blue sky in your eyes, heaven is lying, lost within the meadow I smell the weed”) a elettrificazioni malinconiche e naïf alla The Strokes (Your Beauty Is So), fino ad evocare taglienti chitarre new wave alla Tom Verlaine e quel respiro ambient di tensioni cinematiche e arrangiamenti orchestrali di psichedelia torossiana dell’ultimo brano Episode 1.
L’idea di una vecchia polaroid appiccicata su un cartoncino con un pezzetto di nastro adesivo (come illustrato nell’artwork), che raffigura il profilo stilizzato di una sagoma umana, immobile davanti a un albero con la sua lunga ombra, riassume il tentativo di catturare un preciso istante della nostra vita per poi trasformarlo nel fermo immagine di un campo aperto, di un deserto bianco che sembra infinito, stringendosi attorno al tema eterno del confronto tra uomo e natura, in quella terra di mezzo che separa la memoria del passato dalle incognite che preserva il futuro.
Musica e testi a cura di Alvise Forcellini
Tracklist:
1. Above You 2. In The Sunshine 3. Keep Coming 4. Life Was Only 5. Waiting For a Sign 6. I Wonder 7. Your Beauty Is So 8. For You And I 9. Episode 1
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