A Violet Pine: recensione di Crown Shyness

A Violet Pine

Crown Shyness

Autoproduzione

28 maggio 2022

genere: post-rock, shoegaze, post-grunge, psych rock, atmospheric rock, noise, darkwave

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Recensione a cura di Andrea Musumeci

A distanza di tre anni dall pubblicazione del precedente Again e dopo aver rilasciato (nel 2021) l’EP celebrativo Ten Years Gone, per festeggiare la prima decade di attività, il collettivo pugliese A Violet Pine manda alle stampe il suo quarto album intitolato Crown Shyness, scritto e arrangiato dalla band stessa e registrato presso il New Born Records Studio di Barletta, sotto la supervisione di Cosimo Cirillo.

Verosimilmente, prima dell’emergenza coronavirus, molti di noi non avevano alcuna dimestichezza con il tema del “distanziamento sociale”, argomento divenuto di dominio pubblico e di priorità assoluta con l’avvento della pandemia. Un comportamento anomalo per l’essere umano, che invece sembra essere noto e diffuso sia nel regno animale sia nel mondo vegetale, seppur per ragioni ancora non del tutto chiare.

Il fenomeno è noto come “Crown Shyness” – timidezza delle chiome o corona di timidezza – e si riferisce ad alcune specie di alberi i cui rami si avvicinano senza mai toccarsi, creando così dei suggestivi disegni (come raffigurato nell’artwork della release) che possono essere ammirati osservando le piante dal basso verso l’alto.

Sulla scia di queste dinamiche ambientali presenti in natura, quali metafora degli ultimi due anni della nostra vita e con sentimento antitetico rispetto alle logiche di mercato del music business contemporaneo, il terzetto A Violet Pine – formato da Beppe Procida alla voce e chitarra, Francesco Jacopo Bizzoca alla chitarra e Paolo Ormas alla batteria – continua ad alimentare il proprio spartito creativo, come una irrepremibile esigenza di ricerca fonica, riuscendo ad amalgamare e bilanciare i diversi background dei membri della band, insistendo su quella formula calligrafica con cui si erano già contraddistinti nelle recenti produzioni.

Attraverso le otto tracce di Crown Shyness (cantate in inglese, di cui la strumentale Moz #), gli A Violet Pine raccolgono influenze sonore eterogenee, condensate all’interno di un’intensa altalena sensoriale fatta di luci e ombre cangianti, dilatandosi e contraendosi nel contrasto variabile degli opposti, nell’equilibrio tra le distanze, in sospensione tra la quiete riflessiva di un lieve fondo sonoro di fronde e il rumoroso e irruente impeto del post-grunge (Rain e Rust); tra la malinconia bruma degli arpeggi argentei del post-rock (Us) e le improvvise vertigini distorsive dello shoegaze (Am I There? e Buildings), creando di fatto scenari magnetici, introspettivi, crepuscolari e affascinanti, simili a ricami visionari tra cielo e terra, quasi a voler ricavare un angolo di intimità (Heaven In My Desire), oppure un parziale distacco da tutti quei fantasmi che la storia ci ha imposto (All These Ghosts) e da tutte le inquietudini esistenziali inferte dalla società mondana.

Suoni compressi e tenui riflessi arabeggianti sfumano lentamente tra le tessiture melodiche, acide e viscerali del rock seventies – come quelle immagini che appaiono così dense ma poi finiscono per svanire al tocco luminoso del sole – alternandosi ad atmosfere evocative, oscure e tormentate di sponda darkwave, insieme a colorazioni oniriche, rarefatte e vintage dalle nuances catartiche, pur conservando certo groove dal percussivismo tribale.

Immergendosi tra le venature capillari di un presente sempre più indecifrabile e orientato ad adagiarsi sulle onde remissive della disillusione e sull’incapacità di gettare lo sguardo verso nuovi territori, gli A Violet Pine ripercorrono le rugginose derivazioni del passato (Rust), accarezzando quelle traiettorie anacronistiche in cui la musica rappresenta ancora un elemento spirituale propedeutico alla comprensione dei cambiamenti dell’umana gente.

Così, nella sconfinata disponibilità di emozioni e contraddizioni di cui godiamo quotidianamente, accade che certi luoghi, certe luci e certi suoni ci facciano viaggiare nel tempo, a ritroso verso altri luoghi, altre luci e altri suoni, che in passato ci avevano colmato di promesse, di aspettative, e che oggi sembrano essere, invece, così distanti e irrecuperabili.

Con Crown Shyness, gli A Violet Pine si lasciano irradiare dai raggi lenitivi del sole e dal timore che porta con sé la pioggia, nel tentativo di riconciliarsi con le inevitabili cadute emotive e con le ombre a cui nessuno potrà mai sottrarsi, cercando di mitigare – per quanto umanamente possibile – l’irrazionale flusso di superficialità di cui siamo generosamente circondati oggigiorno.

facebook/avioletpinemusic

Membri della band:

Beppe Procida: voce, chitarra

Francesco Jacopo Bizzoca: chitarra

Paolo Ormas: batteria, seconda voce in Am I There?

Tracklist:

1. Rain

2. Rust

3. Us

4. Heaven In My Desire

5. Moz #

6. Am I There?

7. Buildings

8. All These Ghosts

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