Beat On Rotten Woods
Beat On Rotten Woods
Mold Records
4 febbraio 2020
genere: blues, grunge, industrial, folk
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Recensione a cura di Andrea Macao
Il mondo della musica underground è pieno di progetti singolari, si sa; questo è l’ambiente perfetto per chi ha voglia di sperimentare e di mettersi alla prova senza correre il rischio di fare scivoloni.
Spesso l’ambiente in questione ripaga, con il risultato che se si vuole cercare qualcosa di ispirato ma al tempo spesso ricercato difficilmente si rimarrà a bocca asciutta; ed è questo il caso dei Beat On Rotten Woods, band che sicuramente
sa il fatto suo ed è pronta ad offrirci il suo album self-titled con una formazione che, oltre ai membri originali
Mace (voce) e Rob (chitarra), vede l’ingresso del bassista Tilen a completare il team.
Marchio di fabbrica della band? Il beatbox di Mace: ebbene sì, questa band produce le proprie parti ritmiche grazie alla sua voce, per poi aggiungere influenze che spaziano dal blues, all’industrial e al grunge.
Le prime tre tracce mostrano, infatti, una solida componente blues a fare da matrice, ma l’attenzione ricade sicuramente su Sinner, dove emerge tutto l’amore della band per il reverendo Marilyn Manson, andando ad aggiudicarsi il titolo di uno dei lavori meglio usciti del disco.
Su Come, invece, l’influenza blues è sicuramente più marcata, cosa che si
può notare dal giro di accordi scelto dalla band; l’ascoltatore più attento potrà anche scorgere dei timidi spunti country, a rendere il brano ulteriormente godibile. Con Electric Violator il trio ci mostra nuovamente il suo lato più industrial, aggiungendo delle sonorità che guardano ai primi lavori di band come i Muse: un piacevole misto, altro esperimento riuscito senza dubbio.
Su Alcohol, invece, il taglio è decisamente più elettronico, con una linea di basso che sprizza groove da ogni dove e in cui troviamo nuovamente un cantato a la Marilyn Manson ad arricchire il secondo episodio più ispirato di questo LP. Con la successiva Epiphany la band decide di optare per una frenata, proponendoci un brano dalle tinte malinconiche e quasi ambient, che risulta perfetto per spezzare la routine a cui il gruppo ci ha abituati fino a questo punto.
Ed è proprio ora che la band porta una ventata di aria fresca nel disco con Miss Flamingo, dove si possono scorgere
addirittura degli innesti che non potranno non richiamare alla mente il surf rock dei Beach Boys, un altro centro messo a segno. La seguente Monkey House, invece, potrebbe quasi considerarsi un tributo a Personal
Jesus dei Depeche Mode, in quanto costruita su un riff che la ricorda in tutto e per tutto e dalle ritmiche incalzanti.
Le influenze della band, però, non finiscono qui: Melting Pot, infatti, è un brano dalle tinte maggiormente grunge e hard rock, con cui ancora si riconferma la varietà artistica del trio.
A questo punto,non vi pare di aver lasciato indietro qualcosa? In effetti abbiamo spaziato molto da che abbiamo premuto play sulla prima canzone, allora ecco che I Built My Home ci fa tornare sui passi di quel blues che non si riprendeva il ruolo di protagonista da diversi brani, mentre con The Cliff tornano le influenze industrial tipiche del reverendo. Ghost si rivela, invece, un mezzo filler: brano sicuramente ben costruito e strutturato,
ma dalle sfumature fin troppo sbiadite, non si riesce a capire se la band voglia dare un taglio blues, industrial o country; a salvarlo in corner un ottimo assolo di chitarra.
Ma l’ascoltatore può stare tranquillo; se credeva che l’ascolto del disco si sarebbe tradotto in una discesa, ecco che l’epilogo torna ad alzare il tiro: Sleeping è un pezzo maturo e introspettivo, il cui intro è affidato a una solida linea di basso, per poi passare a influenze che si traducono in un misto perfetto di blues, country e un pizzico di folk.
Una chiusura riflessiva, quella che il gruppo ha scelto, nonché azzeccata: volendo infatti soppesare ciò che ci è appena passato nelle orecchie, possiamo concludere con fermezza che i Beat On Rotten Woods sanno il fatto loro e meritano senz’altro un posto tra i big del genere.
Sicuramente la strada da percorrere è lunga, parliamo infatti di una band che ha circa cinque anni di attività alle spalle, ma le premesse sono ottime e ci possono far volgere uno sguardo positivo verso il futuro della musica nostrana.
Formazione:
Mace: voce, beatbox
Rob: chitarra
Tilen: basso
Tracklist:
1. Intro
2. Sinner
3. Come
4. Electronic Violator
5. Alcohol
6. Epiphany
7. Miss Flamingo
8. Monkey House
9. Melting Pot
10. I Built My Home
11. The Cliff
12. Ghost
13. Sleeping
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