Cannibal Corpse
Chaos Horrific
Metal Blade Records
22 settembre 2023
genere: brutal doom metal, death metal
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Recensione a cura di Marco Calvarese
Neppure il tempo di riprendermi dalla sonora tranvata di Violence Unimagined, (capo)lavoro datato solo due anni, che mi arriva tra capo e collo il nuovo compact disc dei Cannibal Corpse! George Corpsegrinder & Co. sono una di quelle pochissime band dell’Olimpo metal capaci di colpirti e stupirti senza mai deviare dal proprio corso, di rigenerare la propria proposta senza mai discostarsi da quel tocco che li ha resi inconfondibili.
Come le peggiori droghe pesanti, creano dipendenza: ne vuoi sempre di più, sai già quali endorfine ti rilasceranno in circolo, cosa aspettarti tecnicamente ed emotivamente, eppure sai anche quanto starai bene durante e dopo ogni ascolto, perché loro riescono a trovare il modo di non stancarti mai. Chaos Horrific non si discosta da questo filone aurifero e basterebbe dire questo per qualificare il recentissimo, sedicesimo LP in studio.
Son sempre loro, i dannati Cannibal Corpse, padri e sovrani del brutal death, eppure hanno un così spiccato gusto melodico, arrangiamenti vocali sublimi, riff devastanti e splendidamente legati a formare una trama ben intessuta, cambi di tempo continui, virtuosismi inauditi e uno spirito così mefitico, una verve creativa così pulsante da trascinarci nel cuore stesso dell’inferno. In più, a mio modesto parere, qui c’è un sottile gusto thrash e per i mid tempo che, lungi dal rallentare l’infusione endovenosa di ultra violenza, aggiunge zolfo alla miscela, instillando fuoco nel sangue.
L’immancabile, bellissimo artwork, un suono che più distorto e compresso non potrebbe essere e un mixaggio perfetto fanno da scenario ad un dieci tracce che trasuda sangue fin dall’inizio.
Grossolanamente si potrebbe suddividere il long plain in tre anime, sia pure non a compartimenti stagni, ma variamente intersecate e sapientemente amalgamate: l’esordio è semplicemente brutale, poi subentra e spicca una cadenza oscena e cattiva per scivolare, infine, verso sofisticate sperimentazioni tempistiche. La chiusura, beh, è semplicemente apocalittica. E tu, che ascolti, non sai come uscire da questo intricato dedalo popolato di zombie e creature infernali che ti mordono i fianchi. Ammesso che tu lo voglia.
Quasi 40 minuti di cattiveria aperti dal giro di basso di Overlords of Violence: si suona su ritmi altissimi quasi a voler marcare il territorio, ma già in Frenzied Feeding, forse l’episodio più aggressivo dell’opera, assistiamo al primo, suadente breakdown, mentre il mix sonoro creato dalle chitarre genera un’atmosfera plumbea e rovente.
Quando i Cannibal Corpse decidono di lasciarmi tirare il fiato, lo fanno con il singolo che ha anticipato la pubblicazione dell’album: Summoned For Sacrifice é un mid tempo, alternato a furiose accelerazioni, dotato di un groove micidiale, grazie anche al riffing geniale, durante il quale bisognerebbe essere di pietra per non lasciarsi andare al più classico headbanging. Non c’è alcuna fretta quando si scende all’inferno, l’ascensore che porta nei peggiori gironi talvolta sembra precipitare, ma spesso rallenta in modo da lasciarmi gustare lo spettacolo della dannazione: questa potrebbe essere la didascalia di Blood Blind, puro brutal doom capace di tirarmi fuori i peggiori sentimenti e nel contempo farmi capire che aria tira man mano che ci caliamo nelle viscere dell’album.
Mi aspetterei che Vengeful Invasion fosse solo il vascello con cui attraversare l’Acheronte fino alla title-track, e invece ecco un altro brano sorprendente che potrebbe, modificando suoni e distorsioni, essere comodamente interpretato in chiave thrash, magari da Annihilator o Coroner (mi lascio un po’ andare alla fantasia): si tratta di un concentrato possente di riff da favola e cambi di tempo semplicemente insensati, ma di immediato impatto, che mi scuotono come un ulivo in tempo di raccolta lasciandomi nudo, stordito e caldo per Chaos Horrific. Impossibile che i Cannibal Corpse deludano con la traccia che dà il titolo all’album.
Qui però occorre un orecchio più tecnico: il brano è di meno agevole ascolto e l’hook non è immediato, ma è forse la pièce in cui maggiormente colpisce la qualità dei cinque artisti americani, perché si tratta di un alternarsi continuo di temi pari e dispari in cui spicca la qualità degli arrangiamenti strumentali e vocali. Ciò non toglie che l’effetto sia ancora devastante e, quando il viaggio dantesco sembra volgere al termine, invece ha inizio un’altra puntata ed è, se vi piace la buona musica, forse la più interessante. Fracture and Refracture e Pitchfork Impalement contengono i mid tempo più immediati e riusciti dell’intera release, incastonati tra decise accelerazioni e blast beat mozzafiato, mentre in Pestilential Rictus, pur avendo la stessa struttura, l’offerta sonora si fa ancor più articolata e complessa, con note progressive nei riff e continui ma fluidissimi cambi di tempo.
Shakerato a dovere da questa discesa negli inferi, vengo introdotto così alla closing track: Drain You Empty è la colonna sonora dell’apocalisse, il lamento sull’orlo dell’abisso, il suono che sorge dalla Gehenna. Grazie a ritmi doom, distorsione estrema, riff semplici ripetuti ai limiti del parossismo, vagamente memori dei Pantera più sulfurei (quelli di The Great Southern Trendkill, per intenderci), i Cannibal Corpse riescono a creare un muro sonoro e a conferirgli un odore: quello della putrefazione stessa.
Un viaggio che non sarà facile dimenticare, un album magnifico e curato, come sempre, in ogni dettaglio; un must assoluto per i cultori del metal estremo. Lunga vita ai Corpse!
Tracklist:
1 Overlords of Violence. 2 Frenzied Feeding. 3 Summoned for Sacrifice.
4 Blood Blind. 5 Vengeful Invasion.
6 Chaos Horrific. 7 Fracture and Refracture. 8 Pitchfork Impalement.
9 Pestilential Rictus. 10 Drain You Empty.
Membri della band:
George “Corpsegrinder” Fisher – voce
Erik Rutan – chitarra
Rob Barrett – chitarra
Alex Webster – basso
Paul Mazurkiewicz – batteria
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