Exocrine: recensione di Legend

Exocrine

Legend

Season of mist

26 gennaio 2024

genere: technical death metal, progressive death, post-death, brutal groove

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Recensione a cura di Marco Calvarese

Siamo di fronte a una delle nuove punte di diamante del death metal più avanguardista e tecnico? Questo è il quesito che mi pongono, tra le righe del pentagramma, gli Exocrine, gruppo attivo da un decennio in quel di Bordeaux.

Una violenza ammaliante è quella che sgorga dall’ascolto di Legend, il loro sesto full-lenght: un po’ a sorpresa, quasi impreparato, vengo travolto da un’onda d’urto che nemmeno Hiroshima! Così, finisco contro il muro della stanza adiacente, con sommo piacere.

Sì, perché mescolare elementi progressive e iper tecnici con il metal estremo sarà anche diventata una stucchevole moda, ma è altrettanto vero che da questo filone stanno arrivando alcune tra le migliori nuove proposte degli ultimi anni.

Emergere dal fiume in piena del tech-death, però, non è da tutti: oltre a ispirazione e qualità negli arrangiamenti, c’è bisogno che l’elemento brutale non vada perduto. Dev’essere in grado di sprigionare energia e trasmettere qualcosa, altrimenti non ha senso mettere le redini alla furia distorsiva del genere.

A mio gusto, gli Exocrine, con Legend, hanno lasciato il segno, mettendo sul piatto una proposta profondamente intrigante, ricca di pathos, in cui il caos apparente (va detto: forse accentuato, nei passaggi più estremi, da una produzione rivedibile, ma parliamo di dettagli) mostra un controllo invidiabile. La brutalità, infatti, non resta sullo sfondo, ma funge da substrato, come un terreno fertilissimo in cui sono state scavate accoglienti buche. La maestria della chitarra solista e le contaminazioni rappresentate da jazz, musica classica ed elettronica si innestano alla perfezione, creando un giardino sonoro ampiamente concimato con robuste iniezioni di groove.

Difficile trovare un limite a questi artisti, tanto crudele e adeguata la voce, tanto perfettamente armonizzato il riffing letale con le melodie delle due asce, quanto perfetta e ben bilanciata la sessione ritmica. Appurato il valore assoluto dell’opera, va aggiunto che tali e tante sono le sfumature che emergono sin dal primo ascolto (e che poi, in quelli successivi, non vedi l’ora di rivivere), che i brani risultano subito ben distinguibili l’uno dall’altro. Ciascuno può scegliere il suo preferito, legittimamente e in modo incontestabile.

Si parte con la stupenda titletrack, in cui la fusione tra chitarra melodica e brutalità senza compromessi si impreziosisce dell’uso di strumenti non convenzionali come la tromba, passando con fluidità disarmante da un groove à la Sepultura al melodic-death più canonico. Dunque, gli elementi groove e melodico, quasi metalcore, assurgono a ruolo più centrale nell’altrettanto coinvolgente Life.

Eidolon, con un riffing degno del miglior Robb Flynn alternato ad un arpeggio atmosferico, ne è il seguito pressoché naturale: qui la melodia gioca con la ferocia, stendendo il tappeto all’intro sintetico di The Altar Of War, dove il growl abrasivo di Jordi Besse sottolinea l’episodio in cui melodia e impatto si fondono in modo più sapiente, con il determinante contributo di un ritornello azzeccatissimo e a presa rapida.

Dust In The Naught apre le danze in versione fusion, su un death immediato e brutale, regalando cambi di tempo fluidi a supporto di una chitarra malmsteeniana, per poi chiudere con un passaggio in perfetto stile Depeche Mode, dove ogni elemento è orchestrato magnificamente. Se dovessi individuare il mio brano preferito, non avrei esitazioni nell’indicare proprio quest’ultimo. L’effetto stupore misto a frenesia di potersi scatenare nel più entusiasta headbanging.

Nel furioso rincorrersi di violenza e ritmo, scanditi da un cantato ai limiti del deathcore e saldati da un batterista semplicemente fuori concorso, la melodia che sgorga in modo così fresco dalla chitarra solista arricchisce e qualifica l’offerta musicale degli Exocrine, rendendola riflessiva ed emozionante: Warlock ne è una mirabile sintesi.

Con Dragon, invece, si torna nella comfort zone del technical death, senza però lesinare originalità fusion (un paio di accordi che ricordano i The Zenith Passage), mescolando synth e melodia a un ricorrente e malinconico riff che sfuma nell’arpeggio conclusivo: sul mio personalissimo podio.

The Oath (una parola, una garanzia) disegna le strutture e le trame più progressive dell’opera, il tutto amplificato dalla produzione che qui lavora magistralmente, dando risalto agli arabeschi della chitarra, mentre i sintetizzatori cuciono con discrezione le maglie dell’abito sonoro: spettacolo per veri intenditori.

By The Light Of The Pyre si apre, invece, con un delicato fraseggio orchestrale, che va a bilanciare in maniera sapiente brutalità e melodia, terminando con un assolo iconico e struggente la tracklist degli inediti. La bonus track Cryogenisation, remaster del brano contenuto nel precedente album Ascension, è un capolavoro di crudeltà che trae ispirazione dai Decapitated: come non amarli?

Progressive estremo o death tecnico, melodie decadenti su humus brutale o semplice amore per la sperimentazione: gli Exocrine si candidano decisamente come alfieri dell’avanguardismo nel ramo più estremo del mio genere preferito. Memore dei Gojira, devo pensare che sia l’aria frizzante della Francia a stimolare le menti artistiche più ardite? Attendo con ansia un terzo indizio che faccia da prova, ma posso assicurarvi fin d’ora che gli Exocrine soddisfano i palati più esigenti tanto quanto quelli avvezzi ai sapori più forti.
Imperdibili.

facebook/Exocrine

Tracklist:

1. Presage/Legend . 2. Life. 3. Eidolon. 4. The Altar of War . 5. Dust in the Naught . 6. Warlock . 7. Dragon. 8. The Oath. 9. By the Light of the Pyre. 10. Cryogenisation.

Membri della band:

Jordy Besse – basso, voce
Nicolas La Rosa – chitarra ritmica
Sylvain Octor-Perez – chitarra solista
Théo Gendron – batteria

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