Pinhdar: recensione di A Sparkle On The Dark Water

Pinhdar

A Sparkle On The Dark Water

Fruits de Mer Records

22 marzo 2024

genere: trip-hop, dark-wave, dark ambient, elettronica dark, dream-pop, synth-wave, goth-wave, post-rock

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Recensione a cura di Andrea Musumeci

A distanza di tre anni dalla pubblicazione di Parallel, il duo milanese Pinhdar torna in scena con il suo terzo lavoro in studio intitolato A Sparkle On The Dark Water, edito per l’etichetta Fruits de Mer Records, prodotto da Bruno Ellingham (già collaboratore di Massive Attack e Portishead) e anticipato dall’uscita dei singoli Humans, Little Light e Frozen Roses.

In questo nuovo concept audiovisivo, nel tentativo mai troppo scontato di rammentare come le emozioni più profonde degli esseri umani, dopotutto, non siano mai cambiate, la cantante Cecilia Miradoli e il chitarrista/produttore Max Terenzi provano a interrogarsi sull’inafferrabilità del tempo e sulla caducità delle relazioni umane, tra la cecità dei sentimenti, gli abissi del dolore, il richiamo di quel posto che chiamiamo casa (Home), il male perpetrato in nome di ideologie fuori controllo (Murderers Of A Dying God) e la nostalgia di quelle assenze che pesano come presenze.

L’artwork di copertina, che raffigura un dipinto del pittore e musicista inglese James F. Johnston, anticipa quella che sarà l’ambientazione narrativa racchiusa nei dieci brani di A Sparkle On The Dark Water: la ricerca di un bagliore di speranza a illuminare le acque scure della contemporaneità, quando percorrere l’oscurità rappresenta l’unico modo possibile per arrivare alla luce.

Così, proiettandosi con enfasi melodrammatica in un immaginario di intima e mistica riflessione esistenziale, i Pinhdar continuano ad alimentare quel mood creativo che deve la sua fecondità alla seducente decadenza dell’area di Bristol, attraverso la stesura di una suggestiva tensione dream & dark che oscilla tra incanto e inquietudine, tra visione celestiale e tenebrosità gotica, adagiandosi con la stessa leggerezza con cui il sasso va a posarsi sul fondo di un fiume gelido (“sometimes I feel alone like a stone on the bottom of a cold river”).

Emotività e suoni si intersecano, dunque, all’interno di un nuovo volo pindarico dalle ambientazioni enigmatiche e notturne, con l’ammaliante e angelica poetica sing & speak di Cecilia a condurre chitarre e sintetizzatori alla volta di esplorazioni sensoriali dal carattere cinematico: si va dalla densità ombrosa e ipnotica del trip-hop a ballad dark-wave alla Arab Strap, Dead Can Dance e Depeche Mode, passando per nebulizzazioni dream-pop di rimando Beach House e scintille armoniche dai riflessi post-rock.

A Sparkle On The Dark Water è una finestra sull’attualità, su un mondo imprigionato ancora nelle sue incertezze, come se quella forma di cristallizzazione apolide fosse la maniera più semplice per sfuggire alle continue pressioni dei cambiamenti. D’altronde, siamo solamente esseri umani che tentano di dare un significato alla vita (“we are only humans, searching for a meaning of life”). E forse il frammento di luce che cerchiamo è proprio lì, nell’orizzonte di una nuova illusione.

facebook/Pinhdar

Tracklist:

1. In The Woods 2. Cold River 3. Home 4. Little Light 5. Murderers Of A Dying God 6. Humans 7. Solanin 8. Frozen Roses 9. Abysses 10. At The Gates Of Dawn

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