Avete mai provato a misurare il tempo? Vi siete sicuramente accorti che il concetto di tempo è completamente relativo. A volte il tempo sembra non passare mai, a volte invece sembra correre così rapidamente. L’unica cosa certa è che non possiamo fermarlo, in nessun modo, almeno finché siamo vivi.
È inesorabile, ogni momento è una cuspide, dove il presente è passato e futuro, nello stesso preciso istante. Se fossimo in prossimità di in buco nero, il nostro tempo sarebbe l’equivalente di milioni di anni in meno rispetto agli abitanti sulla Terra. Il tempo lo descriviamo, ma non possiamo vederlo. E non guardate l’orologio, che tanto il senso non è assolutamente quello. E dunque, ancora oggi, ci chiediamo se siamo noi a rincorrere il tempo, oppure se il tempo siamo noi. Questo movimento perpetuo (semi-cit.), una continua trasformazione, una sfida perenne, in uno spazio senza coordinate, dentro una natura piena di strutture. È come ritrovarsi in un sistema di insieme, alla ricerca di un rifugio in altrove, ad alimentare e tener vivo quel lievito madre, a rincorrere una speranza o un desiderio di fuga, tra distorsioni e contaminazioni.
Mi immagino un ambiente solitario, isolato, sperduto, ed il suo silenzio. C’è una luce particolare intorno ad alcuni luoghi, un effetto sfumato quasi naturale, un alone di mistero innato, una profondità ancora da scoprire, attraverso danze tribali e canti spirituali di antichi minareti, come acqua bollente sotto una spessa coltre di ghiaccio.
C’è ancora chi ripone fiducia nell’essere umano, c’è chi si ferma ad ammirare la sua meraviglia, e chi ancora ascolta il suono dei suoi battiti cardiaci.
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