Ihsahn: recensione di Ihsahn

Ihsahn

Ihsahn

Candlelight Records

16 febbraio 2024

genere: musica classica contemporanea, post-black metal, progressive rock

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Recensione a cura di Marco Calvarese

Sono di fronte alla sfida più difficile del mio percorso di commentatore musicale. La “colpa”, manco a dirlo, è dell’artista più geniale e ostico in cui mi sia mai imbattuto nella mia (ahimè) lunghissima vita di ascoltatore seriale: Ihsahn è tornato, signori miei, e l’eponimo che ci ha appena regalato, ottavo LP da solista, si candida a far sembrare piccolo qualunque altro disco di quest’epoca.

Artista poliedrico, versatile, di una creatività fuori dal comune, polistrumentista impegnato in mille progetti nessuno privo di interesse per qualunque sfumatura di rock o metal vi appassioni, l’ex faro degli Emperor, nella sua carriera solista, si allontana molto dal black metal senza mai rinnegarlo, ed anzi impregnandone, nello spirito, le sue migliori opere. La ricerca e la libera contaminazione, in un connubio di elaborazioni incredibilmente articolate: questo è il credo sonoro di Ihsahn, mettersi all’ascolto del quale è come prendere un biglietto di sola andata, destination anywhere.

Io, amante del metal old school e della musica più lineare, difficilmente mi definirei un fan di Ihsahn, eppure eccomi lì, ogni volta, a pendere dalle sue labbra, affascinato dalla sua verve creativa e invidioso della sua capacità di amalgamare i migliori generi musicali in modo del tutto personale. Va da sé che un album che porta il suo nome debba essere l’espressione più alta e profonda delle sensibilità dell’artista, ma il prodotto che mi ritrovo nel lettore è, forse, superiore alle mie aspettative e, ahimè, alle mie capacità descrittive.

Ihsahn è un’opera presentata in due versioni: una dal sound composito e vagamente metal, l’altra puramente orchestrale, non a caso frutto di due distinte produzioni in cui c’è la cura del minimo dettaglio e nulla è lasciato al caso. I due dischi “fratelli” sono accessibili sia disgiuntamente, sia insieme, nella versione deluxe. Quando mettete su le cuffie, dimenticate il rock o il metal tradizionali, così come le sonorità a cui siamo avvezzi, la struttura del brano e la forma-canzone: oggi Ihsahn cessa di essere semplicemente un polistrumentista e si sublima sotto forma di compositore.

Si tratta di un concerto di musica classica di stile contemporaneo irrobustita, in alcuni passaggi, dagli strumenti tradizionali del rock, dei quali il secondo LP si spoglia mettendo a nudo la più pura delle introspezioni, fin lì dove solo la musica classica, appunto, può spingersi. Il genio e l’ispirazione riescono, così, a disegnare percorsi emotivi tanto vari e sofisticati da seguire l’immaginaria partitura di un film o di una piece teatrale.

La trama narra la leggenda di un Cervus Venator (breve overture dell’album, poi ripresa nella splendida Pilgrimage to Oblivion), i suoi tormenti e contraddizioni, in un continuo rincorrersi di chiaroscuri, di melodia e violenza, di romanticismo e caccia ferina che si riflette mirabilmente sul pentagramma e nelle linee vocali dell’autore, che alterna senza cedimenti melodie clean a rabbiosi semi-scream.
Il sound creato da Ihsahn ricorda molto da vicino i film degli anni ’50 e ’60, dove la colonna sonora aveva il ritmo delle azioni e dei pensieri dei protagonisti, fino al punto da musicare le loro emozioni. I risultati, credetemi, sono stupefacenti e rappresentano l’asse portante dell’intera opera.

Impensabile, una volta trovata questa chiave di lettura, cercare di scomporre il concerto in atti e provare a proporli singolarmente: l’opera va ascoltata per intero e tutta d’un fiato, perché il singolo brano, decontestualizzato, perderebbe la sua aura. Ad esempio: si potrebbe accennare all’incalzante intarsio di melodia retró, violino e basso di The Prometean Spark, tema ripreso poi, con piglio più definito e deciso, in Twice Born; o raccontare la drammatica enfasi e le armonie maestose di A Taste Of The Ambrosia; potrei provare a spiegarvi le emozioni trasmesse dalle melodie classicheggianti e con inserti fusion in Blood Trails to Love, oppure cercare le parole per descrivere quanti dettagli contenga una meravigliosa suite come At The Heart Of All Things Broken. Ma sarebbe come schiacciare col cucchiaio uno strudel: occorre cogliere i sapori nel loro insieme, per apprezzarne ogni sfumatura.

Non parlerò di album epocale perché il mio giudizio è zavorrato dalle logiche del rock: manca il brano indimenticabile, quello che ti segna e non dimentichi più, il Raining Blood o il Master Of Puppets, per intenderci. Ma manca solo perché quest’opera segue altre logiche ed è proprio il concetto di brano a sfumare in un fiume di ambrosia: l’intimismo è nemico della gloria ma pullula di emozioni liquide.

Lasciarsi andare a queste, senza troppi sofismi o analisi, è la chiave per apprezzare appieno Ihsahn. Eppure occorrono almeno cinque ascolti per trovare la connessione sentimentale con l’autore e assaporarne il dono, permettendo al protagonista di questa epopea immaginaria di raccontarci la sua doppia natura e, insieme, di parlare alle nostre vite.

Non commettete l’errore di considerare quest’album un post-black-progressive intriso di musica classica, perché in realtà è come se Ihsahn avesse indossato la divisa degli Opeth, però al contrario: questa è, a tutti gli effetti, un’opera orchestrale in cui sono armonizzati passaggi avantgarde-black (come appunto in Pilgrimage to Oblivion) o progressive (più marcate, ad esempio, in Hubris and Blue Devils) sapientemente arrangiati con archi, percussioni e fiati per potenziarne gli aspetti grotteschi, drammatici, teatrali e sottolineare lo spessore della composizione.

L’effetto di ciò che, attraverso le casse, raggiunge il cuore, a volte, toglie il fiato. Ihsahn ci ha appena regalato la sua “nona”, vi consiglio caldamente di non passare oltre: rischiereste di mancare l’appuntamento con la storia.

facebook/ihsahnmusic

Membri della band:

Ihsahn – voce, chitarra, tastiere, basso
Collaborazioni:
Tobias Ørnes Andersen – batteria
Chris Baum – violino
Tobias Solbakk e Angell S. Tveitan – percussioni

Tracklist:

1. Cervus Venator 2. The Promethean Spark 3. Pilgrimage to Oblivion 4. Twice Born 5. A Taste Of The Ambrosia 6. Anima Extraneae 7. Blood Trails to Love 8. Hubris and Blue Devils 9. The Distance Between Us
10. At the Heart of All Things Broken
11. Sonata Profana

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