Ozzy Osbourne: i 10 brani da (ri)scoprire

Abbiamo pensato di inaugurare questa nuova rubrica, partita per caso con l’articolo sui 10 brani da riscoprire di Franco Battiato, che siamo lieti abbiate apprezzato.

Proseguiremo, quindi, il nostro cammino alla ricerca di 10 brani non mainstream, selezionati all’interno della discografia di alcuni degli artisti più amati del panorama rock a tutto tondo.

Partiamo subito con uno dei padri fondatori del genere metal, il Principe delle Tenebre Ozzy Osbourne.

Sin dai tempi dei Black Sabbath, seppur in maniera involontaria, Ozzy Osbourne si è fatto portavoce di tutte quelle personalità complesse, fortemente disturbate, profondamente insicure e perdute nei labirinti delle droghe e della solitudine, ma che poi, comunque, in qualche maniera, hanno trovato il modo di rialzarsi e rinascere dalle proprie ceneri.

Siamo andati a sviscerare a fondo la sua carriera solista, auspicando che le scelte fatte siano di vostro gradimento.

1981Tonight (Diary of a Madman)

Diary Of A Madman contiene la meravigliosa power ballad Tonight: brano in stile Beatles, più sponda McCartney, e con un intro flamenchero che ricorda vagamente quello di Spanish Caravan dei Doors, ma di durata più breve. In questa canzone fuoriescono i pensieri confusi e fragili di Ozzy sui suoi errori del passato.

1983So Tired (Bark at the Moon)

Un’altra splendida e malinconica ballad, a riprova del fatto che le migliori canzoni d’amore, che siano romantiche o struggenti, sono state scritte da insospettabili rockers e metallari dal cuore tenero.

1986Killer of Giants (The Ultimate Sin)

Collocata all’interno di un album molto criticato dai fan di Ozzy per via delle forti influenze hair metal, tipiche di quegli anni, Killer of Giants spicca sulle altre tracce presenti in The Ultimate Sin. Un epico inno contro la guerra, che vale (insieme a Shot in the Dark) il prezzo del disco.

1988Bloodbath in Paradise (No Rest for The Wicked)

Tratta da No Rest For The Wicked, Bloodbath in Paradise, canzone sul massacro (bagno di sangue) compiuto da Charles Manson e la sua famiglia di adepti nei confronti di Sharon Tate, all’epoca moglie del regista Roman Polanski, e dei suoi ospiti nel paradiso della sua villa di Hollywood: nel testo, Ozzy lo chiama semplicemente Charlie e successivamente cita i Beatles con il titolo del loro brano Helter Skelter, vera e propria ossessione di Charles Manson.

1991A.V.H. (No More Tears)

L’acronimo A.V.H. sta per Aston Villa Highway ed è stato scelto perché Geezer Butler era tifoso dell’Aston Villa Football Club. Ozzy ha successivamente affermato che il significato, in realtà, sarebbe “alcohol, valium, hash“.

1995Old L.A. Tonight (Ozzmosis)

Ozzmosis si chiude con Old L.A. Tonight, una meravigliosa power ballad radiofonica in vecchio stile anni ’80; la paura e l’incertezza di ciò che riserva il futuro, ma con la consapevolezza che “tonight” andrà tutto bene a Los Angeles, perché “quando ti guardo negli occhi, io cado in mille pezzi”.

2001Running out of Time (Down to Earth)

Down to Earth non è uno dei dischi migliori di Ozzy, ma il livello qualitativo è comunque alto, grazie anche alla presenza del futuro bassista dei Metallica Rob Trujillo e alla chitarra del solito Zakk Wylde, che impreziosisce Running out of Time la quale, come anche la più nota Dreamer, mette in luce le abilità compositive di Osbourne.

2005Woman (Under Cover)

I dischi di cover fanno spesso storcere il naso al pubblico. Under Cover è, invece, una chicca tutta da riscoprire, che culmina in questa riproposizione di Woman, storico pezzo di John Lennon, valorizzato e non stravolto, ma reinterpretato con rispetto e arricchito dalla cifra stilistica che ha reso Ozzy uno degli artisti più riconoscibili nel panorama musicale mondiale.

2007I Don’t Wanna Stop (Black Rain)

Nel 2007, I Don’t Wanna Stop era il brano con cui i Millennials più avvezzi alle novità entravano in contatto per la prima volta con Ozzy Osbourne. Un pezzo ruffiano q.b., ideale per scalare le classifiche.

2020Eat Me (Ordinary Man)

L’intro di armonica di Eat Me ci rimanda immediatamente alla sabbathiana The Wizard, quasi a voler chiudere un cerchio. D’altronde, Ordinary Man (di cui abbiamo parlato in questa recensione) è una sorta di testamento; Ozzy si guarda indietro e redige un bilancio non solo della sua vita artistica, ma anche di quella privata.

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