Kings of Leon: recensione di Can We Please Have Fun

Kings of Leon

Can We Please Have Fun

LoveTap Records, Capitol Records

10 Maggio 2024

Genere: alternative rock

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Recensione a cura di Stefania Milani

Il 10 Maggio 2024 è uscito Can We Please Have Fun, il nuovo album dei Kings of Leon, nono lavoro in studio, edito da LoveTap Records e Capitol Records e prodotto da Kid Harpoon.

Cominciamo subito con gli aspetti positivi: un album dei Kings of Leon è sempre il benvenuto, soprattutto dopo una pausa di tre anni, e la voce grave, un po’ sofferta e graffiata di Caleb Followill è un balsamo per le serate introspettive a luce soffusa, nonché per i viaggi on the road a capote scoperta.
Can We Please Have Fun si pone in linea di continuità con i lavori precedenti, senza sussulti: non sarà probabilmente l’album più ricordato della band, in quanto inusuale e inaspettatamente complesso, ma sempre un punto lungo il percorso.

Passando alle tracce, mettiamo da parte per un attimo aspettative alla Sex on Fire, Use Somebody, Revelry, la redenzione di un’innegabile seconda opportunità della bellissima Wait for Me o la malinconia che anela al superamento di un composto dolore della stupenda Walls, per affrontare invece una serie di testi ermetici e criptici da alcuni definiti un nonsenso, ma a mio avviso è proprio nel nonsenso che a volte si trovano i significati più nascosti, per chi sa andare oltre e leggere fra le righe.

Il titolo dell’album, Can We Please Have Fun, è già una frustrata anticipazione della difficoltà di divertirsi e divertire nei temi affrontati, e non è una coincidenza.

Ballerina Radio è forse l’esempio più lampante di un testo che tradotto in arte sarebbe probabilmente un quadro realista di Hopper: atmosfera distopica della solitudine estrema verso la quale sta approdando la società; un uomo incapace di leggere, schiavo del cibo in scatola, che trova l’unica motivazione in Radio Ballerina – sul filone di Radio Ga Ga e  Metropolis – ma scomposto in poche immagini fini a se stesse, spaventosamente vuote e trasandate.
Ci salverà solo la musica?

Mustang è considerato il pezzo di punta, che riporta musicalmente l’album allo stile classico della band, in un vortice ritmico e giocoso dagli accordi piacevoli e orecchiabili.

Personalmente, però, voglio indicare Actual Daydream, che non ha richiesto un secondo ascolto per conquistarmi, mentre ci racconta di relazioni in divenire, fra apparenze, illusioni e sogni ad occhi aperti.

Perdetevi poi nelle strade di una Londra decaduta e nei labirinti della mente, da M Television fino all’ultima traccia, Seen, in cui la libertà si trova nell’invisibilità e nel distacco perfino dalla propria creatura, in una prigione figurativa che sembra piuttosto protezione dell’anima, in pieno contrasto con la ricerca di visibilità e popolarità che nutre l’ego ai tempi dei social.

In conclusione, questo nono album dei Kings of Leon non va assolutamente sottovalutato, ma ascoltato e letto più e più volte perché potrebbe rivelarsi l’intrigante opera d’arte che non ti aspetti, da analizzare, scomporre e riassemblare con significati sempre nuovi; un’opera in divenire da far invecchiare in una botte di rovere e riaprire fra dieci anni, quando, ho l’impressione, ci parlerà ancora più chiaramente.

https://youtu.be/wMJyD23nKrk?si=hroK9rtJrcIBwmJw

Tracklist:

1. Ballerina Radio
2. Rainbow Ball
3. Nowhere To Run
4. Mustang
5. Actual Daydream
6. Split Screen
7. Don’t Stop The Bleeding
8. Nothing To Do
9. Television
10. Hesitation Generation
11. Ease Me On
12. Seen

Formazione:

Caleb Followill – voce, chitarra

Jared Followill – basso; chitarra (tracce 7, 8)

Nathan Followill – batteria

Matthew Followill – chitarra; synth (tracce 9, 12)

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