My Bloody Valentine: recensione di Loveless – 4 novembre 1991

My Bloody Valentine

Loveless

Creation Records

4 novembre 1991

genere: shoegaze, noise, elettronica

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Recensione a cura di Alberto Maccagno

Il 4 novembre 1991, per Creation Records, uscì Loveless, il secondo album in studio dei My Bloody Valentine.

Si tratta di uno dei dischi più importanti ed influenti degli anni ’90, oltre che di un’opera con una storia estremamente curiosa alle spalle, considerato un classico del genere shoegaze. La realizzazione di questo album costò, infatti, qualcosa come £250.000, cifra che fece rischiare la bancarotta alla Creation Records, e durante la sua realizzazione furono assunti e licenziati un gran numero di tecnici del suono e cambiati altrettanti studi di registrazione.

Le canzoni contenute in Loveless sono state tutte composte da Kevin Shields, cantante e chitarrista del gruppo, il quale ha anche deciso di conferire al lavoro un suono, così particolare, che diventerà un caposaldo per tutto il movimento shoegaze. Musicalmente, ci troviamo di fronte a un progetto più unico che raro: i suoni sono offuscati, le chitarre vengono distorte, inverosimilmente, fino alla dissonanza e si fa un grande uso di
campionamenti, di batterie elettroniche e di loop.

Bilinda Butcher affermò di non reputarsi una brava chitarrista e non suonò le “sue” parti nell’album, lasciando volentieri il compito a Shields, e così anche la bassista Debbie Googe, seppur accreditata nel disco, decise di abbandonare le registrazioni di Loveless, o comunque di presenziare a molte meno di queste, “sentendosi inutile”.

Il batterista Colm O’Ciosoig si occupò largamente della produzione e della composizione del disco, soprattutto in due tracce, assieme a Shields ma non poté suonare la maggior parte dei brani a causa di problemi fisici o personali. Decise allora di registrare dei pattern di batteria che sarebbero poi stati campionati e riutilizzati all’interno del disco.

E’ curioso sapere come fu campionata anche la voce di Butcher per poterla, poi, risuonare come se fosse uno strumento musicale, togliendone l’aspetto umano ma lasciandone la consistenza vitale. Il suono della chitarra, stando a quanto raccontato da Kevin Shields, è stato ottenuto facendo un uso smodato della leva del tremolo, fino a far stonare il suono delle corde.

Affermò, inoltre, come si pensasse che per ottenere questo effetto la band registrasse molte linee di chitarra, quando invece i My Bloody Valentine ne incidessero meno di qualunque altro gruppo rock dell’epoca.

Uno dei brani migliori dell’album, musicalmente parlando, è What You Want, pezzo di ispirazione e ritmica punk rock, con anche un riff di chitarra in linea con questo genere, ma depurato all’interno del “filtro”shoegaze, conferendogli un’aura eterea e sognante.

L’aspetto vocale del disco è molto interessante: al microfono si alternano Kevin Shields, ovviamente, e Bilinda Butcher, la quale caratterizzerà il suono dei MBV con la sua dolcezza e con la
sua sensualità. Lei stessa ha raccontato come questa atmosfera venisse ottenuta facendola cantare appena sveglia, alle 7:30 del mattino (ora in cui lei, solitamente, andava a dormire).

A questo risultato, inoltre, contribuiva tutto il lavoro di post-produzione e di campionamenti sulla sua voce, prima citato.

Le linee canore dell’opera sono molto sensuali, ovviamente, ma anche estremamente leggere e, per certi versi, “materne”, andando a creare una contrapposizione, drastica e vincente, con il rumore e la distorsione della musica; quest’ultima, spesso, supera ampiamente il volume del canto.

Questo modo di interpretare le parti vocali sarà uno degli stilemi principali dello Shoegaze e influirà largamente anche sulle produzioni pop degli anni successivi al disco, con l’intensificarsi delle atmosfere dreamy. I testi dell’album risultano molto ricercati e metaforici, affrontando temi come la sensualità e la sessualità attraverso chiare allusioni, seppur mai in modo esplicito, l’amore e il romanticismo, la
morte e i dubbi riguardanti una possibile vita eterna o, comunque, un dopo-vita e la fragilità dei sentimenti.

In ogni caso, il macro-argomento su cui si adagiano le liriche di Loveless è la visione dell’amore come un inevitabile tramite per il dolore, da cui spesso e volentieri l’autore preferisce fuggire per
evitare la pena che, presto, il suo sentimento, gli donerà.

A tal proposito, il brano Sometimes rappresenta il capitolo migliore di tutto l’album, sia musicalmente che dal punto di vista lirico, e racconta una storia di una sola notte tra l’autore e una ragazza che fa da specchio per tutta l’amarezza e la paura che egli prova verso l’amore, sapendo di aver ferito con questo sentimento la sua compagna ma sperando che lei possa capirlo e perdonarlo.

Un altro fattore rilevante sta nel fatto che i testi del disco siano stati scritti in sessioni notturne interminabili, anche da dieci ore l’una, con un lavoro di molto superiore a quello eseguito sulle musiche allo scopo di ottenere dei testi unici e piacevoli, perché, a detta di Shields, “non c’è nulla di peggio dei testi banali” .

Diciamo che l’impressione che si ottiene durante l’ascolto dei My Bloody Valentine è quello di star osservando qualcosa che “si muove”, che prende forme e colori diversi seppur questi non diventino mai nitidi.

Uno scontro tra un camion di rumore e uno di dolcezza e sensualità, sulla cui miscela cade una pioggia psichedelica, che porta il disco all’ultimo step prima dell’armonia, ma lasciandolo in una bolla di dissonanza continua.

Alberto Maccagno

TRACKLIST:

1. Only Shallow

2. Loomer

3. Touched

4. To Here Knows When

5. When You Sleep

6. I Only Said

7. Come in Alone

8. Sometimes

9. Blown A Wish

10. What You Want

11. Soon

FORMAZIONE:

Kevin Shields: voce e chitarra

Bilinda Butcher: voce e chitarra

Debbie Googe: basso

Colm O’Ciosoig: batteria

Questa è la line-up della band riportata nei crediti di Loveless ma, come abbiamo già visto, ci sono state molte eccezioni durante la realizzazione dell’album .

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