Ozzy Osbourne: recensione di Diary Of A Madman

Ozzy Osbourne

Diary Of A Madman

Jet Records

7 novembre 1981

genere: heavy metal, hard rock

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Recensione a cura di Andrea Musumeci

7 novembre 1981. Ozzy Osbourne pubblica il suo secondo album solista Diary Of A Madman, l’ultimo con Randy Rhoads alla chitarra.

Qualcuno potrebbe considerare Blizzard Of Ozz e Diary Of A Madman come un doppio album, anche perché furono gli unici due dischi che Ozzy fece con il compianto Randy Rhoads, tragicamente e curiosamente scomparso in un incidente aereo il 19 marzo del 1982, proprio alla vigilia dell’Equinozio degli Dei di Aleister Crowley.

Difficilmente ci si annoia con Ozzy Osbourne, che in quel periodo storico veniva considerato una sorta di “Papa del Satanismo”, argomento assai in voga negli anni ’80 e già ampiamente trattato. Il cantante pare fosse infastidito da quelle voci che lo associavano al diavolo e all’occulto, ma, del resto, non è che Ozzy componesse canzoni per lo Zecchino D’Oro.

Sulla copertina di Blizzard Of Ozz, si vede Ozzy che con la mano destra solleva un crocifisso come fosse un fendente, seduto su di un pavimento, con accanto un gatto nero da una parte ed un teschio umano dall’altra, mentre sulla copertina di Diary Of A Madman, Ozzy sembra un pazzo scappato da un manicomio, con vestiti strappati ed un ghigno mefistofelico, in una stanza illuminata solamente da un candelabro e con un crocifisso appeso al contrario sulla parete. Insomma, tutta una serie di cliché interessanti e credibili proprio grazie ad Ozzy stesso, per il semplice fatto che Ozzy Osbourne è una rockstar, e quindi è semplicemente il suo lavoro.

Gli anni ’80 sono stati tutta una meravigliosa messinscena: la promessa dell’eterna giovinezza, dell’eterno presente, una finta bolla mediatica coloratissima e griffata, nonostante la Guerra Fredda ed il pericolo del Nucleare, nonostante l’aumento del debito pubblico, la cassa integrazione e la fine della politicizzazione sociale che aveva caratterizzato il decennio precedente.

Gli ’80 sono stati gli anni dello sviluppo delle arti grafiche, della pubblicità, dell’illusione di vincite milionarie nei quiz e delle risate registrate. Qualcuno potrebbe considerare gli Ottanta come un gigantesco Truman Show.

Ozzy Osbourne apre il suo diario con Over The Mountain, una sorta di viaggio mentale del cantante di Birmingham che offre un giro gratis a chiunque voglia usufruire di un biglietto per volare con lui. Il secondo pezzo è Flying High Again, che potremmo considerare la Crazy Train di questo disco, e non solo perché entrambi siano la seconda canzone dei rispettivi album.

Con Flying High Again, Ozzy Osbourne vola di nuovo alto, come da semplice traduzione del titolo, e parla sfacciatamente a favore delle droghe. Torna di nuovo il tema lisergico del guardare oltre la montagna e del toccare il cielo. Ozzy ammette di essere solo un povero pazzo e noi in parte gli crediamo, ma al tempo stesso sappiamo che è solo una maschera. Eppure, la superficialità della società apprezzava quando Ozzy faceva lo scemo, mentre Ozzy era stanco delle bugie, delle false promesse, di chi continuava a darlo per finito e delle teste di pipistrello.

D’altronde, Ozzy Osbourne non cambierà mai, non si arrenderà mai, sarà lui stesso il re di mille cavalieri, pronto a difendere la libertà del rock, perché il rock è la sua religione, la sua legge, e lo dice apertamente: “Non potete uccidere il rock n’ roll”. Tranquillo caro Ozzy, ultimamente ce la stanno mettendo tutta, pare che ci stiano quasi riuscendo. Siete rimasti davvero in pochi a difendere la memoria e il vessillo imperiale del rock.

Diary Of A Madman continua con la meravigliosa ballad Tonight: brano in stile Beatles, più sponda McCartney, e con un intro flamenchero che ricorda vagamente quello di Spanish Caravan dei Doors, ma di durata più breve. In questa canzone fuoriescono nuovamente i pensieri confusi e fragili di Ozzy sui suoi errori del passato: Ozzy, nonostante le sue buone intenzioni, sembra stanco di combattere, al punto che scriverà un brano proprio dal titolo So Tired, contenuta nel suo disco successivo.

Diary Of A Madman si chiude proprio con la traccia che dà il titolo all’album: il diario di un pazzo, che qualcuno chiamerebbe “povero pazzo”, in cui Ozzy inasprisce i temi della sanità mentale e della depressione, chiedendo esplicitamente di essere salvato dal suo alter ego, colui che confondeva guardandosi allo specchio, quel nemico che viveva nella sua anima e che riempiva ogni giorno le pagine del suo diario. La canzone si conclude proprio con il suo grido d’aiuto: “Liberatemi”.

Diary Of A Madman è ancora oggi un disco imprescindibile, scritto e raccontato attraverso la visione cupa, romantica e malinconica di uno dei più grandi artisti del Novecento.

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