Re Del Kent: recensione di Sottocultura

Re Del Kent

Sottocultura

Autoproduzione

11 dicembre 2020

genere: alternative rock, grunge, punk

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Recensione a cura di Emilia Di Felice

Il 2020 è stato un anno produttivo per i Re Del Kent. Dopo l’EP 24 febbraio (titolo che coincide con la data di pubblicazione) arriva Sottocultura, il primo album della band milanese, anticipato dal singolo Bianco e Nero (uscito l’11 novembre).

Otto tracce di alternative rock, pungente e senza fronzoli. Una release sperimentale, volta alla ricerca di uno stile che li identifichi all’interno della scena alternative- rock italiana.

Molto interessanti i testi (in italiano) che descrivono un mondo privo di colori, nel quale i giovani appaiono sfiduciati e soffocati da una società fossilizzata, votata all’apparenza, priva di idee e di ideali.

Scopriamo, traccia dopo traccia, atmosfere grunge e punk, con qualche sfumatura heavy metal. Un dirty sound graffiante, che ricorda a tratti i
Ministri e i primi Verdena.

I non più giovanissimi che ascolteranno questo album ritroveranno quel senso di inadeguatezza e quella rabbia che infiammava il cuore, che i Re del Kent
hanno trasformato in tracce grintose e schiette.

Molto interessanti i riff ne l’Avvocato del Diavolo e in Quindici Anni. Bella l’energia di Cunicoli e il ritmo incalzante di Campi di Odio.

I Re del Kent, nati dalle ceneri dei Total Rickall hanno intrapreso questo percorso nell’underground. La dimensione è quella giusta e può esaltare al meglio il talento di questi giovani musicisti.

Questo primo full-length dimostra la voglia di crescere musicalmente, di dare voce ai propri sentimenti e di non rassegnarsi mai, perché: “sotto un cielo così grigio che ha nascosto anche le
stelle, ho trovato una risposta, sono un’anima ribelle”. La Sottocultura è più viva che mai.

Membri della band:

Dario: voce, chitarra

Omar: basso

Dani: chitarra

Max: batteria

Tracklist:

1. Intro

2. Campi di Odio

3. Bianco e Nero

4. Ribelle

5 Vivi

6. Cunicoli

7. Avvocato Del Diavolo

8. Quindici Anni

Artwork: Lorenzo Destrieri

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