Ritual King: recensione di Ritual King

Ritual King

Ritual King

Ripple Music

21 febbraio 2020

genere: tribal psych, stoner, doom, heavy blues

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Recensione a cura di Andrea Musumeci

Il nuovo rituale sciamanico dei Ritual King riparte dalle valli post industriali di Manchester.

Dopo aver dato alle stampe due EP, i tre red devils heavy blues Ritual King pubblicano il loro primo full length dal titolo omonimo, edito per la indie label californiana Ripple Music ed anticipato dall’uscita dei singolo Valleys.

Provenienti dalla cosiddetta Big City of the North del Regno Unito, area metropolitana nella quale si respira ancora la sacralità del Manchester Sound di Joy Division, New Order, Smiths, Stone Roses e Oasis, i Ritual King sprigionano atmosfere e sonorità rock blues dal tocco taumaturgico hendrixiano ed influenze psichedeliche e doom seventies che arrivano a creare un totem heavy blues, energico, travolgente e perlopiù strumentale.

Composto da 7 brani per la durata di 42 minuti, Ritual King sviluppa trame dilatate tribal prog, jam session electric jazz e contaminazioni ambientali fuzz-stoner, che ripercorrono le linee guida di band seminali del genere, quali Blue Cheer, Cream, Hawkwind, Orange Goblin, Kyuss, Stoned Jesus ed Electric Wizard.

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RITUAL KING:

Jordan Leppitt – voce, chitarra

Dan Godwin – Basso

Gareth Hodges – batteria

Tracklist:

1. Valleys

2. No Compromise

3. Headspace

4. 602

5. Dead Roads

6. Restrain

7. Black Hills

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