SpiritWorld: recensione di Deathwestern

SpiritWorld

Deathwestern

Century Media Records

25 novembre 2022

genere: hardcore, thrash metal

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Recensione a cura di Marco Calvarese

Cos’è la musica se non emozione, rivelazione continua, una dimensione parallela da esplorare? Possiamo fare tutte le analisi tecniche e stilistiche che vogliamo, ma la musica è essenzialmente il modo in cui, toccando corde invisibili e interiori, scocca una scintilla. Deathwestern, seconda fatica discografica degli SpiritWorld, è stata una scoperta inattesa e folgorante fin dal primo ascolto, un colpo di fulmine sonoro dopo il quale nulla mi appare più come prima.

Colpire nel segno, svegliare i miei istinti primordiali, arrivare dritto al cuore proiettandomi indietro nel tempo, tanto nel sound quanto nel piacere di promuoverne l’ascolto tra gli amici, proprio come si era soliti fare quando le piattaforme social non esistevano e il passaparola rappresentava l’anima della fratellanza metal. Ecco, tutto ciò non ha prezzo e basterebbe a motivare l’ascolto di questo platter magnifico, vera ciliegina sulla torta musicale, già deliziosa, del 2022.

Sono doverose le presentazioni: gli SpiritWorld sono una band con base a Las Vegas, già attiva da alcuni anni e nata da una costola della scena punk, che ha presto deviato verso sonorità più dure ed elaborate sotto l’influsso delle tematiche care ai sui membri: il selvaggio West, la magia nera e i riti ancestrali, confluiti all’interno di una visione oscura e lisergica della storia più profonda degli USA.

Da questo background culturale si sono formati due album granitici, concettuali (a questo punto ho fatto ciò che chiunque di voi avrebbe fatto: sono andato a cercarmi il primo e l’ho divorato), dei quali Deathwestern, freschissimo di stampa, rappresenta l’evoluzione compositiva, tecnica e sonora. La ricetta è semplice ma geniale: base hardcore fatta di ritmi sostenuti, voce abrasiva e supportata dai classici cori, riffing mostruoso di chiara matrice slayeriana, che talora scivola in territorio death. Il tutto annaffiato di groove, figlio soprattutto di cambi di tempo ben eseguiti e al momento giusto.

Sulla scia di questi tratti salienti, rievocando talvolta Season in The Abyss, si snodano le undici tracce della release: una più bella dell’altra, brevi al punto giusto ma mai ripetitive, per un totale di poco più di mezz’ora densa di contenuti e carica di un’energia travolgente, sprigionata senza soluzione di continuità. Ottimamente prodotto da Sam Pura, in questo nuovo capitolo discografico, rispetto all’esordio, si avverte una propensione maggiore verso il thrash e una perizia tecnico-compositiva più matura.

Gli SpiritWorld ci trascinano, dalla prima all’ultima nota, in un vortice sonoro apparentemente caotico in cui non c’è alcuna pausa, neppure tra un brano e l’altro. Se ci si lascia andare all’effetto quasi tribale della sessione ritmica, è impossibile restare fermi durante l’ascolto. Ci si cala in una dimensione onirica, sospesa nel tempo, tra epopee western ed evocazioni sataniche. In questo luogo immaginario, tutto è brutalità e la musica ha il sapore di una colonna sonora che rimanda alla visione di pellicole western – eccentriche e psichedeliche – come Blueberry o Dead Man.

Il disco si apre con Mojave Bloodlust, in cui l’intro in perfetto stile country prepara il terreno alla violenza pura della title track: hardcore a pressione e nessuna tregua per l’ascoltatore. In effetti, Deathwestern è solo un succoso antipasto, perché il meglio deve ancora arrivare. Relic Of Damnation è la prima vera tranvata sui denti, frutto di un midtempo e un riff slayeriani e di una ritmica rubata ai vecchi Machine Head, il tutto tenuto insieme da un collante hardcore sapientemente amalgamato, per un cocktail ad alta gradazione tellurica.

In un crescendo di frenesia motoria, Purafied in Violence ingrana la quinta con un’apertura che sa tanto di thrash teutonico, per poi sfociare in un hardcore-thrash universale mediante un riffing che farebbe pogare anche i morti. Ulcer è il classico pezzo spaccaossa hardcore, condito da un riff acido variamente declinato su cambi di tempo e sulla velocità esecutiva. A seguire, Committee of Buzzards è puro thrash di estrazione Kreator, corretto con uno stoppato dall’impatto devastante e mozzafiato, per quello che, meritatamente, è uno degli episodi più lunghi dell’intero album.

Heretic Butcher è, forse, il prodotto più elaborato di tutti, nel quale il chiaro richiamo ai Destruction non è, a mio avviso, solo nel titolo, ma anche nei ritmi forsennati e nel gusto per certi passaggi sulle sei corde, mentre in Moonlit Torture si poga al ritmo di accordi sospesi tra Slayer e death metal.

Da questa triade si esce in ginocchio e con il piacere masochistico di ferite ancora sanguinanti, sulle quali la brevissima ma gonfia di violenza Crucified Heathen Scum si diverte a spargere sale mescolando echi di War Ensemble a palm muting e ritmiche tribali dei migliori Sepultura. Dulcis in fundo, con un titolo che è tutto un programma, ci aspetta Lujuria Satanica: l’ineluttabile approdo dell’album, laddove le reminiscenze slayeriane scivolano nel tremolo riffing e si chiudono con uno strumentale di inaudita violenza.

Deathwestern è una perla sbucata dal nulla, fuori dai circuiti convenzionali, che, al netto delle sue contaminazioni e declinazioni, non può assolutamente mancare nella discografia 2022 di tutti gli amanti della musica estrema. Segnatevi il nome degli SpiritWorld, perché potrei giurare che di loro sentiremo parlare ancora.

Titletrack:

1. Mojave Bloodlust
2. Deathwestern
3. Relic of Damnation
4. Purafied in Violence
5. Ulcer
6. Committee of Buzzards
7. The Heretic Butcher
8. Moonlit Torture
9. Crucified Heathen Scum
10. Lujuria Satanica
11. 1000 Deaths

Membri della band:

Stu Folsom – Voce
Matt Schrum – Chitarra
Randy Moore – Chitarra
Justin Fornof – Basso
Preston Harper – Batteria

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