Tracy Chapman: recensione di Tracy Chapman

Tracy Chapman

Tracy Chapman

5 Aprile 1988

Elektra Records

genere: folk, folk rock, afro

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Non è facile coniugare forza e dolcezza in un unico disco, in un’unica voce. Uno degli esempi migliori di questo riuscito connubio è sicuramente l’omonimo disco d’esordio della cantautrice statunitense Tracy Chapman, publicato il 5 Aprile del 1988.

Tracy Chapman è un debut album che racchiude in sé i singoli più famosi dell’artista folk, che riesce, con questo disco, a farsi conoscere al grande pubblico arrivando a vendere 20 milioni di copie in tutto il mondo.

Tra brani autobiografici, che arrivano al cuore per la sincerità con la quale vengono narrati, e bellissime ballad d’amore, nei 36 minuti di ascolto possiamo percepire la sofferenza, la voglia di rivalsa, la necessità di esprimere le proprie emozioni attraverso la musica, ma anche la speranza in una vita migliore.

Talkin’ Bout a Revolution, uno dei singoli più noti di Tracy Chapman, apre il disco con il suo ormai inconfondibile giro di chitarra; la voce di Tracy, soffice, ma allo stesso tempo incisiva, è perfetta per veicolare il tema della rivoluzione di classe che può e deve partire dal basso, quasi in silenzio, per poi crescere d’intensità.

La storia che Tracy ci racconta in Fast Car, invece, è personale. La macchina che corre veloce è proprio la sua e rappresenta le difficoltà della sua infanzia, tra povertà e problemi familiari. Problemi che ritroviamo nella disperata Behind the Wall, un’esecuzione a cappella, che parla di violenza domestica.

Across the Lines è un brano meno noto, ma non per questo meno bello dei precedenti, a conferma del fatto che il disco non si regge solo sui tre singoli estratti, ma è invece un gradevole percorso d’ascolto, dalla prima all’ultima traccia.

Il folk della Chapman è avvolgente e riscalda come una tazza di cioccolata calda sorseggiata davanti al camino. Baby Can I Hold You è una malinconica carezza, un pezzo incredibilmente toccante.

Le successive due tracce, Mountains O’Things e She’s Got Her Ticket, risentono di influenze afro e reggae, mentre un’altra agrodolce ballad da menzionare è sicuramente For My Lover.

Successivamente a questo esordio, la Chapman produrrà altri dischi di qualità, ma nessuno raggiungerà il livello e la popolarità di questo LP, una vera perla di raffinatezza e potenza comunicativa.

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