Wraith: recensione di Fueled By Fear

Wraith

Fueled By Fear

Prosthetic Records

28 giugno 2024

genere: speed-thrash metal

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Recensione a cura di Marco Calvarese

Chi diavolo sono i Wraith? I soliti carneadi che ripropongono l’ennesimo speed vintage? Una copia sfigata dei Municipal Waste? Nulla di tutto questo, e Fotografie Rock ve li ha già proposti tre anni or sono con la recensione del precedente Undo The Chains

Attivi da quasi un decennio, questi quattro ragazzi dell’Indiana, tra incertezze e cambi di line-up, si stanno scavando la propria nicchia di fan dall’altra parte dell’oceano, attraverso un interessante percorso di crescita. Ecco perché la pubblicazione del loro nuovo album, Fueled By Fear, ha avuto il potere di tirarmi fuori dalla vasca di birra ghiacciata e sudore in cui mi stavo ibernando in attesa di stagioni a me più consone, per tornare all’opera. Ne è valsa la pena, ed è con malcelato orgoglio che mi accingo a presentarvi le novità proposte dagli spettri (Wraith, appunto) nordamericani.

Intanto, per la prima volta, dopo una serie di cover cupe e notturne, finalmente una copertina tipicamente thrash, di quelle che riconosci subito e ti fanno capire cosa ti aspetta. Poi l’esordio del bassista nuovo di zecca Chris Petkus, e la curiosità comincia a solleticare le mie orecchie. Infine la durata del disco: dopo album sparati in sesta e chiusi in mezz’ora, questo è il primo, vero e proprio full-lenght, con la bellezza di quattordici tracce tutte da gustare.

Ma veniamo al dunque: il sound. La voce di Matt Sokol, impostata come sempre a metà tra gli albori del death metal e lo scream, è come una firma in calce, anche se il vero marchio di fabbrica dei Wraith è rappresentato dallo speed-thrash più marcio e retró che si possa immaginare. Lo sentirete aleggiare lungo tutto il platter, soprattutto grazie a una produzione vintage che, a differenza dal passato, non dà più la sensazione di essere una gabbia per la band, bensì il punto di partenza verso interessanti diramazioni sonore, tra reminiscenze hardcore, thrash&roll e i primissimi Metallica.

Nel corso di questi circa tre quarti d’ora di buona musica, i Wraith troveranno il modo di produrre numerose variazioni sul tema, arricchendo la propria offerta in modo maturo. Direi che è ora di immergermi nel lungo viaggio sonoro, non prima, però, di un doveroso e prudente training per la cervicale.

Il quartetto statunitense sceglie di aprire con Asylum, un’ampia intro strumentale, quasi a voler impostare i loro canoni thrash, ed è subito scapocciamento davanti allo stereo. Si sfuma direttamente nella title-track, discretamente varia e riff-based, e subito mi colpisce l’assolo, corposo e degno. I fraseggi sulle sei corde, insieme con i cambi di tempo, rappresentano infatti la cifra della sorprendente evoluzione artistica della combo, arricchendo anche brani come Horses And Hounds, laddove il main riff lasciava riemergere le radici hardcore di Sokol e soci. Eppure è nei mid-tempo che i fantasmi riescono a colpirmi maggiormente: Shame In Suffering è l’episodio più cattivo del disco, capace di tirar fuori dal cilindro un breakdown da urlo che poi diviene la base per l’assolo di turno. Un brano da hit del 2024.

Occhio, perché è difficile restare su livelli così alti, e allora i Wraith puntano sulla varietà di tempi e ispirazioni per tenere desta la mia attenzione: Code Red, fluida e vagamente slayeriana, sintetizza bene questa scelta, con ancora una volta l’ottima ascia di Schultz sugli scudi, mentre nella tiratissima Ice Cold Bitch fa prepotentemente capolino il buon vecchio Lemmy.

La crudele Warlord fa fede al suo nome proponendo un mid-tempo sulfureo in cui si mescolano una base hardcore con un riff mefistofelico: mix più che riuscito che fa da apripista a un secondo atto dell’opera letteralmente “fast and furious” dove, se Merchant Of Death punta tutto sulla velocità, l’ottima Heathen’s Touch si ritaglia alti indici di gradimento grazie ad un riffing che resta piantato nel cranio.

Hell’s Canyon è un compendio di thrash old style, la cui ragione sociale si riflette nel ritornello che vede fondersi le note del main riff con quelle della melodia vocale e un bridge pulp vagamente country. Dopo la tirata hardcore di Vulture, uno si aspetterebbe di scivolare stancamente verso la conclusione, e invece il meglio deve ancora arrivare.

L’antipasto è servito dal classico speed-thrash di Shattered Sorrow, bello ma convenzionale, sia pure impreziosito nuovamente da una chitarra southern nella sua parte strumentale. Adesso però occhio al cranio, perché Truth Decay vi aspetta dietro l’angolo, armato di mazza ferrata: qui il livello di velocità supera ampiamente i limiti consentiti dalla legge, per poi precipitarci all’ultima curva in un killer breakdown da lasciare tramortiti.

La chiusura che non ti aspetti è riservata alla doomeggiante, pregevole The Breaking Wheel, giusto in tempo per raccogliere le forze residue e applaudire questo macigno sonoro alla cui rappresentazione live non vorrei davvero trovarmi nel pit: alla mia età, rischierei di lasciarci le penne!

Insomma, tre anni fa li avevo rimandati all’esame di maturità. Oggi i Wraith sono pronti e lo superano a pieni voti con una prova che, se fossimo negli anni 80, sarebbe in cima alle classifiche. I puristi del suono o gli affamati di novità potranno storcere il naso ma, se volete il mio parere, questo Fueled By Fear farà la felicità di chi è convinto che il thrash sia e debba restare un genere diretto, sporco e senza compromessi. Per tutti costoro, semplicemente, acquisto obbligato.

facebook/wraith

Tracklist:

1 – Asylum 2 – Fueled By Fear 3 – Horses and Hounds 4 – Shame in Suffering 5 – Code Red 6 – Ice Cold Bitch 7 – Warlord 8 – Merchant of Death 9 – Heathen’s Touch 10 – Hell’s Canyon 11 – Vulture 12 – Shattered Sorrow 13 – Truth Decay 14 – The Breaking Wheel

Line-up:

Chris Petkus – basso
Jason Schultz – chitarra solista
Matt Sokol – voce, chitarra ritmica
Mike Szymendera – batteria

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