La sera del suo ventisettesimo compleanno, il 27 Novembre 1969, Jimi Hendrix ricevette un regalo inatteso. Era andato al Madison Square Garden ad applaudire i Rolling Stones, seguendo il concerto sul palco, dietro l’amplificatore di Keith Richards, e aveva fatto loro visita nei camerini.
“Jimi, vorrei parlarti in privato”, gli aveva detto Mick Jagger.
Erano andati insieme alla festa organizzata da un’amica di Jimi, Devon Wilson, che avrebbe dato una gamba per iniziare una storia con Jagger. Mick e Jimi si erano isolati e Jimi pensava che Mick volesse parlare di musica o di donne, ovvero le due grandi passioni che avevano in comune.
No, Mick voleva raccontare a Jimi di quando era stato arrestato, nel febbraio di quello stesso anno, dopo un’irruzione della polizia a casa di Richards, e di come aveva pianto quando il giudice l’aveva condannati a un anno di galera. Nessuno aveva visto quelle lacrime, perché gli Stones avevano un’immagine di duri da difendere.
Mick Jagger, quella sera, voleva che Jimi Hendrix sapesse quanto fosse brutto e umiliante essere privati della propria libertà, non solo, voleva che Jimi Hendrix sapesse fino in fondo quali erano i pericoli che correva se avesse continuato a drogarsi.
Jimi Hendrix si commosse, pianse davanti a quel fratello bianco che gli stava dimostrando di tenere a lui come persona e non solo come chitarrista.
Per sfortuna sua e di tutti noi, non lo ascoltò.
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