6 dicembre 1957: nasceva Adrian Borland

Londra, 6 dicembre del 1957. Nasceva Adrian Borland, chitarrista, cantante e fondatore della band new wave rock The Sound, e ancor prima della punk band The Outsiders.

Come hanno ricordato il padre Robert E. Borland (che produsse i dischi del suo primo gruppo, The Outsiders) e la madre, era dal 1987 che ad Adrian era stata diagnosticata una forte forma di depressione, acuita da una schizofrenia, che gli procurava quello stato sintomatico di disturbi.

Adrian era sempre stato una persona paranoica, fissata con le coincidenze, e infatti i The Sound si sciolsero nel 1987, dopo che l’ultimo loro concerto fu tenuto in un club spagnolo chiamato ‘The End’: una performance drammatica, in cui Borland fu portato via in ambulanza a causa dell’ennesimo esaurimento nervoso che gli procurò un collasso.

Lui considerò quell’episodio come un segno del destino. In più, i Doors, suoi idoli sin da adolescente, avevano scritto il famoso brano ‘The End’. E quindi, questa coincidenza di eventi indusse Adrian a sciogliere la band dopo quell’evento catastrofico, per poi intraprendere la carriera solista.

I The Sound sono stati un gruppo segnato dalla malasorte e da un inconcepibile insuccesso commerciale, ma per il sottoscritto, invece, è stato amore al primo ascolto.

Adrian Borland avrebbe meritato una considerazione diversa: aveva una voce stupenda, ma un carattere troppo schivo, distante dalle mode commerciali e dal volersi omologare, e forse, proprio per questo motivo, non è mai stato un frontman carismatico, al pari di altri suoi colleghi dell’epoca.

I The Sound sono stati dei grandi musicisti ma, al contrario di altre band di quel periodo storico, non riuscirono a realizzare la loro hit pop di successo. Non sono mai diventati come gli U2, e non ebbero nemmeno il successo degli Echo & The Bunnyman, rivali di scuderia nella stessa etichetta discografica, la quale decise di puntare tutto sui Bunnyman.

I The Sound sono il classico esempio di band ignorata nella sua epoca e riscoperta invece vent’anni dopo, in tutta la sua bellezza e importanza, un po’ come è accaduto ai Chamaleons: avete presente l’album Script of the Bridge? Bè, ora è tornato in voga, ma ricordiamoci che nessuno lo ha cagato per anni. Un comportamento, purtroppo, fin troppo comune negli esseri umani quando si parla di valorizzazione di un’artista post mortem.

“I giovani non hanno più fede nella musica rock, nel vivere e morire per essa. Stravaganza, divertimento e pretenziosità sembrano essere fiorenti nella musica rock oggi. La gente non vuole più la realtà, vuole la fantasia”, diceva Adrian Borland.

Nel brano Inbetween Dreams (siamo già nella sua produzione da solista), Borland manifesta tutta la sua rassegnazione, la sua fragilità e il suo rapporto idiosincratico e dicotomico con realtà, riflettendo sul fatto che “A volte i sogni sono tutto quello che abbiamo, tutto quello di cui abbiamo bisogno”.

Adrian Borland, nelle sue chiavi di lettura, e nonostante la sua malattia, aveva già compreso la natura infima dell’essere umano, l’ipocrisia che, in maniera subdola, ci accompagna durante il nostro cammino, e la consapevolezza di essere, allo stesso tempo, vittime e carnefici dei nostri stessi eventi.

Borland fu, invece, un po’ meno profetico sul fatto che “una nuova era dark stava arrivando”: l’era dark del rock stava invece cambiando pelle e, da lì a poco, sarebbe arrivata al capolinea per far spazio al glam pop degli Ottanta. Ovviamente, questa è solamente una lettura superficiale di quel testo che portava in dote un significato dall’animo più profondo.

“Nei tempi più bui, si sentono le paure più oscure, e dai posti più sicuri, vengono le parole più coraggiose”. Quanto risultano attuali questi versi? Soprattutto nella contemporaneità.

Borland è stato un cantautore geniale, possedeva una voce meravigliosa, ma non riuscì mai a liberarsi dei suoi demoni. Lo fece, purtroppo, in quel fatidico 26 aprile del 1999.

Credits: Alcuni riferimenti storici sono tratti dal libro Adrian Borland – The Meaning Of A Distant Victory di Giuseppe Basile e Marcello Nitti.

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4 comments

  1. La frase finale è di Lemmy Kilmister? Io l’avevo trovata su un testo dattiloscritto, proprio da Adrian, da giovanissimo. Mi pare che il testo fosse datato 1974. Ho il testo nei miei archivi, dovrei controllare. Ma a quel tempo non so se esistessero già i motorhead. Ma non credo proprio che lui li conoscesse, o che conoscesse Kilmister.

  2. Apprezzo la buona fede e la passione verso Adrian Borland e i The Sound, ma mi chiedo se l’autore dell’articolo abbia letto con attenzione il libro di Basile e Nitti… Purtroppo riscontro diverse inesattezze che rischiano di non giovare alla memoria di questo grande Artista.
    Con simpatia,
    Marina.

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