A settembre dello scorso anno, il trio pugliese Rainbow Bridge (Giuseppe JimiRay Piazzolla, voce e chitarra, Fabio Chiarazzo, basso e Paolo Ormas, batteria) pubblicava l’album Lama, (seconda release dopo Dirty Sunday) composto da sei tracce di stampo hendrixiano, completamente autoprodotto. Noi di Fotografie Rock abbiamo fatto loro qualche domanda, relativamente al disco, al loro progetto e per conoscere meglio la band di Barletta.
Da dove vengono i Rainbow Bridge? Come e dove nascono i Rainbow Bridge?
Siamo Pugliesi, tutti di Barletta. La band nasce ufficialmente nel 2006 come tributo alla “Jimi Hendrix Experience”, in un periodo in cui ancora non si era diffusa questa moda. L’idea nasce da me – Paolo (batteria) e dal nostro bassista originale Dante (Laricchia) – ci abbiamo messo un pò a convincere Giuseppe (Piazzolla voce e chitarra) ad intraprendere questo progetto soprattutto per la responsabilità di confrontarsi con un genio di quel calibro ma, conoscendo da tempo il suo modo di suonare molto “Hendrixiano”, non abbiamo mai avuto dubbi sulla riuscita del progetto. Da lì in poi, anche se con vari avvicendamenti al basso, non ci siamo più fermati fino ad arrivare al 2017 in cui, in maniera molto naturale, abbiamo cominciato a proporre anche la nostra musica con Fabio (Chiarazzo) al basso che suona con noi dal 2015.
Se ti riferisci al lato “spirituale” della nostra musica, sicuramente quel ponte è costruito prendendo l’essenza, l’attitudine, la sacralità, la libertà musicale di un periodo irripetibile. La Jimi Hendrix Experience, come gli Who, i Grand Funk Railroad, Rory Gallagher per il suo mood sanguigno, i Cream e gli Stones, i Beatles del periodo psichedelico, solo per citarne alcuni, ne sono le fondamenta che, amalgamandosi con il nostro mood e le nostre idee, ci portano alla nostra musica.
Cosa significa per voi il Lama?
Il Lama è una specie di scherzo. Una sera, durante uno dei tanti viaggi verso un nuovo concerto, ridevamo delle notizie riguardanti lama fuggiti dallo zoo o dal circo, che entrano in negozi o passano le serate insieme a gruppi di persone che se li portano in giro per locali, si fanno foto… insomma, il Lama è diventato il nuovo migliore amico dell’uomo!
Le sei tracce all’interno dell’album hanno come comun denominatore l’influenza della musica di Jimi Hendrix. Sebbene all’interno dell’album si possano ascoltare diverse influenze psych rock blues seventies, si può dire che Lama è un un vero e proprio tributo di 40 minuti a sua maestà Jimi Hendrix? Del resto i RB nascono come cover band di Hendrix.
In realtà non molto, forse nel primo album c’è qualche influenza in più ma direi che le nostre composizioni hanno poco a che vedere con la Experience anche perchè indubbiamente abbiamo immagazzinato negli anni influenze tra le più svariate. C’è molto blues, stoner, hard rock, improvvisazione e altro. Se parliamo di attitudine quella sicuramente è sicuramente figlia di un periodo in cui la musica era più libera dagli schemi e i confini tra jazz, rock & blues erano molto sottili.
Ancora una volta il Sud Italia tiene alta la bandiera del rock garage psichedelico, grazie anche al suo clima ed alla morfologia del suo territorio, così affine a quei territori americani che confinano con il Messico. Come vedete la scena rock attuale del vostro terriorio? La Puglia è terra di ottimo cibo e gente accogliente. Ma è anche terra di ottime proposte musicali.
Dal punto di vista musicale, e non solo, è una terra molto creativa come tutto il sud del resto. L’ondata stoner/garage/psych sta travolgendo molti e c’è un bel fermento musicale ed una certa collaborazione tra le band. Siamo spesso imprenditori di noi stessi e infatti per un paio d’anni – con uno stop questa estate – abbiamo organizzato il Freak Out Bluez Festival ospitando alcune delle band più interessanti del panorama pugliese come The Ossuary, Dirty Trainload, Bluestone Valley e Santamuerte. Speriamo di poter continuare.
Che idea vi siete fatti, invece, dell’attuale panorama musicale italiano?
Quello più conosciuto, quello dove girano i soldi, non è molto stimolante per noi, ma esistono realtà più piccole e per fortuna in alcuni casi non così piccole, che hanno davvero la musica al centro di tutto… ed è quello che piace a noi, poche chiacchiere e tanta sostanza.
Praticamente, siete perennemente in tour, sempre in giro a suonare per tutto lo Stivale. Solitamente, succedono tante cose quando sei in tour. A tal proposito: potete raccontarci un aneddoto o un episodio particolare estratto da uno dei vostri concerti?
Non è sempre facile ricordarli ma in questo momento me ne vengono in mentre tre. Il primo, forse un po’ banale, quando arrivammo tardissimo in un locale dove dovevamo esibirci e il gestore minacciò di non farci suonare. In 5 minuti il palco fu pronto! Da allora chiamiamo questa fase di montaggio “palco quechua” perchè siamo davvero velocissimi soprattutto quando suoniamo in piccole situazioni. Il secondo aneddoto è abbastanza tragico ed è accaduto quando avevamo una data in Campania. La macchina non aveva dato problemi per tutto il viaggio ma il cambio ci abbandona proprio davanti al locale con il mezzo perfettamente parcheggiato. Dato che non era previsto il pernotto fui costretto a guidare al ritorno senza cambio in autostrada fino in Puglia, una bella avventura. L’ultimo aneddoto è recente; dopo un concerto veramente super a Bologna, tra i migliori della carriera, ci facciamo un giretto nel centro e tra un drink e l’altro e dopo aver conosciuto l’Uomo Ragno(!) ci rendiamo protagonisti nostro malgrado di una bella rissa con bottiglie rotte e quant’altro, una notte indimenticabile! Ah ah ah.
Concludiamo l’intervista con una domanda di rito: avete dei progetti in cantiere? Che faranno da grandi i Rainbow Bridge?
Continuare a fare quello che abbiamo sempre fatto e quindi suonare tanto in giro, registrare, collaborare con altri musicisti senza particolari limiti creativi e di genere. Per adesso ci stiamo concentrando nella stesura del terzo disco che dovrebbe arrivare nel 2020.
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