A Shoreline Dream: recensione di Melting

A Shoreline Dream

Melting

Latenight Weeknight Records

21 agosto 2020

post-rock, shoegaze, kraut, psych, darkwave

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Recensione a cura di Andrea Musumeci

Sono trascorsi sei anni dalla pubblicazione di The Silent Sunrise, una distanza temporale che ha permesso al duo darkwave A Shoreline Dream, proveniente dal Colorado, di ricalibrare e rifocalizzare la propria creatività sulle tematiche emotive contemporanee e di confluire il tutto nel nuovo album dal titolo Melting, edito lo scorso 21 agosto per Latenight Weeknight Records ed anticipato dall’uscita del singolo Seek To Hide.

Ryan Policky (voce, chitarra, basso e produzione) ed Erik Jeffries (chitarra e cori), con la collaborazione di Chase Dobson alle tastiere, rinnovano quel sodalizio professionale cominciato nel 2014, confermando un trademark compositivo che fa della sperimentazione, della contaminazione, del sincretismo e della fusione tra sonorità eterogenee la costante imprescindibile del loro repertorio.

Fusione, in inglese Melting, è la parola chiave di questa nuova nuova release, al cui interno la band statunitense riesce combinare e coordinare il gusto prettamente british per la ricerca estetica di echi elettronici ambient, il mondo delle distorsioni droniche ed il tessuto magico di atmosfere rarefatte, vellutate, malinconiche e settembrine.

Le dieci tracce di Melting vivono in simbiosi, attraverso un sentiero che conduce ad una tristezza di fondo pregna di sfumature gotiche (Seek To Hide, The Oceans Above) e di ritmiche elettroacustiche, sognanti e stratificate (Melting, Atheris Hispida) che vanno ad impreziosire la narrazione, intarsiando cornici psichedeliche, stridenti ed ipnotiche di derivazione post-rock, mettendosi in scia (forse sin troppo) di realtà seminali quali My Bloody Valentine, Slowdive, God Is An Astronaut e Jane’s Addiction.

Se da una parte, le soffuse e vaporizzate linee vocali rappresentano l’elemento traits d’union tra i diversi episodi del disco, dall’altra le stesse sembrano defilarsi e mettersi in ombra, se vogliamo vederlo come gesto d’amore, per dare enfasi alla dimensione strumentale dell’opera, passando per traiettorie cosmiche kraut ed espressioni prettamente shoegaze.

Quello degli A Shoreline Dream è un flusso caleidoscopico di materia sonica amniotica e fluttuante (A Moment To Repeat It), che si insinua nella nostra percezione dei colori, dello spazio e del movimento modellandosi su forme armoniche empatiche e taumaturgiche.

Un ensemble di stati d’animo che si mescolano reciprocamente, accarezzando i nostri ricordi con arpeggi folk delicati e la visione suggestiva di rilassanti ed assolati paesaggi rurali (Downstairs Sunday), in una quiete apparente che precede la tempesta sonica degli amplificatori, per poi distendersi e tornare alla sua deriva iniziale.

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