Dark Tranquillity
Endtime Signals
Century Media Records
16 agosto 2024
genere: melodic metal, progressive metal, dark metal
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Recensione a cura di Marco Calvarese
Ci sono momenti, nella vita, in cui di tutto avresti bisogno, fuorché di sonorità capaci di esplorare il lato oscuro e intimista della vita. Momenti la cui colonna sonora vorresti ti portasse fuori dalla palude, non che ne definisse i contorni facendone un affresco.
È proprio in uno di quei momenti, invece, che mi è capitato tra le mani il tredicesimo full length dei Dark Tranquillity, dal titolo (ahimè, tristemente evocativo) Endtime Signals. Non c’è niente da fare: quando una band di questo spessore torna in scena, qualunque sia il tuo stato d’animo, non ti puoi voltare dall’altra parte, ma devi premere il tasto reset e ascoltare.
Non è in discussione, nemmeno a scatola ancora chiusa, la qualità di ciò che il disco ci offrirà, bensì l’interesse che esso possa suscitare. Da Skydancer, passando ovviamente per The Gallery, fino alle ultime circonvoluzioni dark wave di Atoma o alle melodie trionfanti (e, diciamocela tutta, ruffiane) di Moment, salvo qualche cedimento nella parte centrale della carriera, i maestri del melodeath non hanno mai lesinato classe.
Il punto è un altro: l’amore dell’instancabile Stanne per la melodia tout court è riuscito a trovare sufficiente sfogo nella sua recente creatura Cemetery Skyline? O non sarà piuttosto la sua versione più legata alle radici ad essere stata incanalata nei The Halo Effect?
Quale direzione prevarrà in Endtime Signals? Seguirà, salomonicamente, l’onda lunga del dark-melodic-metal dell’ultimo decennio o saprà aprire scenari nuovi, magari con il contributo di Reinholdz, finalmente parte integrante del progetto? Curiosità e un pizzico di diffidenza, dunque, nel mio approccio al lettore CD.
In tutta onestà, una volta superato l’effetto amplificante che il “Gothenburg sound” ha sempre avuto sulle mie paturnie, devo dire che Mikael e soci hanno trovato una mirabile sintesi, ricalcando la struttura degli album precedenti ma aggiungendo verve e riffing dove occorreva, finendo per sfornare un prodotto forse non mirabolante, ma godibile. La fluida versatilità di Endtime Signals ha saputo crescere in me ascolto dopo ascolto fino ad incollarmi le cuffie alle orecchie e le sue trame sonore ai neuroni.
Come i precedenti LP, anche questo si apre con tre brani piuttosto tosti, dal riffing raffinato ma coinvolgente, spesso belli tirati, sfoderando il lato più duro della formazione svedese. C’è da dire che, del trittico di apertura, interamente cantato in growl, la opening track Shivers And Voids non solo si fa preferire, ma segna a mio avviso la miglior traccia del disco, sapendo creare la giusta tensione emotiva e sorprendere con i suoi tempi dispari, per poi sciogliersi nella melodia del refrain.
Unforgivable, pur con i suoi ritmi sostenuti, mi ha invece indotto una riflessione: basta con la definizione di death melodico, che non rispecchia da decenni i Dark Tranquillity. Piuttosto il riffing di Reinholdz appare spesso di ispirazione power-thrash realizzando un mix riuscito con le crescenti atmosfere generate dalla tastiera, che torna protagonista in Neuronal Fire, senza scalfire, anzi rafforzando la mia impressione. Di death-metal, se escludiamo il graffiante cantato di Stanne, non resta quasi nulla. Ecco, l’ho detto. Lo avrete già pensato e discusso migliaia di volte, ma forse mancavo io all’appello.
Di qui in avanti, l’elemento melanconico disegnato da tastiera e synth si fa largo pian piano per poi, a partire da We’re Not Nothing, amalgamare sapientemente melodia e potenza, high growl e clean vocals, restando nel solco del new deal della band senza mai risultare una copia di sé.
Al primo approccio ho avuto la sensazione di un album bello ma di mestiere, invece l’anima di Endtime Signals deve ancora mostrare la sua vera natura. Drowned Out Voices mi ha emozionato, facendomi di nuovo assaporare il vero “Gothenburg sound”, e vagamente ricordato le ultime evoluzioni degli In Flames.
Dopo la toccante ballata One Of Us Is Gone, The Lost Imagination risolleva antichi spiriti lasciando la traccia più immediata e groovy dell’intera release, cui dà seguito coerente Enforced Perspective: si tratta di un capolavoro di arrangiamenti, in cui ritmi sostenuti e timbrica delle chitarre sembrano voler rinverdire antichi fasti per poi piegare la furia distruttiva a melodie finemente definite, riconducendo l’energia nell’alveo dark di Mikael.
Our Disconnect, dai sublimi fraseggi tra riff di chitarra e tastiera, regala altre emozioni sugellando la magnifica parte centrale dell’album, chiusa dalla stupenda Wayward Eyes, vera cerniera tra antico e moderno, tra l’anima più aggressiva e le trame più oscure e melodiche dei Dark Tranquillity.
Il finale è riservato a due brani di segno diametralmente opposto: da un lato il melodic thrash, elaborato e potente nel contempo, di A Bleaker Sun, dall’altro il dark metal della closer False Reflection, che potrebbe comodamente essere estratta dal parco sonoro dei Cemetery Skyline, ennesimo side project di quel vulcano in continua attività che risponde al nome di Mikael Stanne.
Tutto enfatizzato dalla produzione, tutto legato da una maestria compositiva e armonica che ha pochi eguali al mondo. È come se il contributo di Reinholdz al songwriting avesse conferito equilibrio e propulsione nuovi alla band, aiutando Stanne a stringere in un unico abbraccio l’intera storia della band e le sue caleidoscopiche venature creative, per sintetizzarle e mescolarle in Endtime Signals.
Un notevole passo in avanti rispetto agli album dell’ultimo decennio, per cinquanta minuti di musica di squisita fattura, che possono soddisfare vecchi e nuovi palati e che non devono per alcun motivo mancare nella vostra collezione o playlist dell’anno.
Tracklist:
1. Shivers And Voids 2. Unforgivable 3. Neuronal Fire 4. Not Nothing 5. Drowned Out Voices 6. One Of Us Is Gone 7. The Lost Imagination 8. Enforced Perspective 9. Our Disconnect 10. Wayward Eyes 11. A Bleaker Sun 12. False Reflection
Lineup:
Mikael Stanne – voce
Johan Reinholdz – chitarra
Martin Brändström – tastiere, synth, programmazione
Christian Jansson – basso
Joakim Strandberg Nilsson – batteria
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