Fat Wang: recensione di Guru

Fat Wang

Guru

Cold Smoke Records

17 maggio 2019

genere: noise rock, stoner, psych

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Recensione a cura di Andrea Musumeci

Altro pregevole prodotto quello sfornato dalla casa discografica Cold Smoke Records: svizzeri come gli Hey Satan, i Fat Wang pubblicano il loro debut album Guru, uscito lo scorso 17 maggio.

La giovane band noise-stoner elvetica ha iniziato il suo percorso discografico nel 2017 con l’EP If You’re Thirsty, Suck A…, pubblicato in digitale su Bandcamp.

Viene da chiedersi: cosa c’entra lo stoner californiano ed il noise del sud-est degli Stati Uniti con la mite e formale Svizzera?

Probabilmente, dovremmo chiederlo ai Fat Wang, duo composto da David Bourquenoud alla chitarra/voce e Valentin Descloux alla batteria.

Guru è composto da sei tracce racchiuse in 29 minuti di sonorità feroci, distorte, sature di effetti fuzz, con accordatore basse e ronzanti che accompagnano le atmosfere gotiche, cupe, dolorose, claustrofobiche ed alienanti di questo disco.

Guru è più urlato rispetto agli esordi e sicuramente più oscuro, caratteristica già evidente, al primo impatto, nell’artwork ideato dalla graphic designer svizzera Fainek.

Il paesaggio nordico, inquietante e spettrale, completamente in bianco e nero, raffigurato in copertina, ricorda lo stile classico delle band metal scandinave degli anni ’90.

La cerimonia religiosa dei Fat Wang comincia proprio con il brano dal titolo Autodafè, cavalcata stoner scuola Fu Manchu, e prosegue con la scomoda, dura, molesta e massiccia Awkward, che sfuma e si dissolve gradualmente tra frequenze sinistre ed oscuri presagi.

E se la fine di tutto fosse solo l’inizio di una nuova e mostruosa visione?

Sun è l’enigmatica traccia mid-tempo, paludosa e psichedelica, che lascia il passo alla saturazione del rumore di Liars, pezzo in cui le chitarre friggono letteralmente.

Wolves è l’ululato di rabbia dei lupi feriti ed affamati: un misto continuo di aggressività, forza, tenerezza, depressione, malinconia e senso di fallimento che si mescolano senza sosta.

L’album del Grasso Wang si chiude con Mass: brano che alterna quiete e tempesta, nel quale si rincorrono caos dionisiaco e ordine apollineo, come una maledizione perenne, nell’eterna lotta contro la profondità dei nostri incubi notturni.

Guru è un grido di angoscia e disperazione che riecheggia nella notte, nei meandri più scuri dell’inconscio, in mezzo ai fantasmi del passato. Come dei flashback, in un loop infinito di ossessioni ed allucinazioni uditive che finiscono per collassare nel male oscuro dei nostri tempi.

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Band:

David Bourquenoud: chitarre, voce

Valentin Descloux: batteria

Tracklist:

1. Autodafè

2. Awkward

3. Sun

4. Liars

5. Wolves

6. Mass

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