Joni Mitchell: recensione di Blue

Recensione a cura di Simona Iannotti

Blue: profondo come il mare o come la vastità dell’animo umano. Questo è il nome del quarto disco della voce country canadese, Joni Mitchell.

Blue vede la luce il 22 giugno del 1971 ed è destinato a diventare un cult del genere e non solo. La voce è calda, soave e in All I Want percepiamo il tepore che avvolge le note di una canzone appena accennata. Condizioni ideali per raccontare storie di amori spezzati e cuori infranti.

Il pianoforte melodico di My Old Man, traccia numero due, rende l’atmosfera intima e confortevole. Note semplici, ma curate, danno all’ascoltatore la sensazione di trovarsi in uno di quei locali con luci soffuse, a contemplare la malinconia di una relazione ormai finita.

L’atmosfera sfuma leggermente con California, un vero e proprio inno d’amore, un omaggio della cantante allo Stato del Sole, in cui dichiara:

“Oh California I’m coming home
Oh make me feel good rock ‘n’ roll band
I’m your biggest fan
California I’m coming home”

Ci appare come un dipinto ad acquerelli, delicato tenue e deciso. California si avvale della collaborazione preziosa di James Taylor, il quale riesce a dare quel tocco magico che serve a rendere la canzone più che gradevole.

A Case Of You è l’incontro della voce angelica e soffice di Joni Mitchell e la chitarra raffinata di James Taylor, il quale presta ancora una volta le sue virtù di musicista per un pezzo di una dolcezza quasi commovente. Blue trova la sua conclusione con The Last Time i Saw Richard. Una ballata gentile che ci conduce verso la fine di un viaggio dentro i sentimenti di chi sa fare sue queste melodie.

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