The Hives: recensione di The Death of Randy Fitzsimmons

The Hives

The Death of Randy Fitzsimmons

Disques Hives

11 agosto 2023

genere: punk, garage rock, death & roll, clap rock, post-punk, hardcore punk

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Recensione a cura di Andrea Musumeci

È vero, è la solita minestra punk & roll, ma quella dei The Hives è sempre buonissima.

A distanza di ben undici anni dal precedente album Lex Hives – mentre tutti, o quasi, continuano a decretare la morte del rock – i The Hives tornano a ronzare sulle scene con il loro sesto lavoro in studio intitolato The Death of Randy Fitzsimmons, edito per la loro stessa etichetta Disques Hives e anticipato dall’uscita dei singoli Bogus Operandi e Countdown To Shutdown.

Un lungo periodo d’assenza che non ha minimamente intaccato il “modus operandi” del combo svedese (“my modus, so handy, nothing but bogus operandi”): dalle composizioni testuali, che celano critica sociale e disagio esistenziale dietro l’ironia di pose troll, all’urgenza viscerale di fare rock ‘n’ roll godurioso nel rispetto del proprio trademark sonoro. Se da un lato è evidente l’impronta stilistica che riconduce a certo rock anglofono anni 60 e 70 (Stooges, MC5, Rolling Stones), dall’altro emerge la volontà di riaccendere la fiamma impertinente del punk & roll norreno, e non solo.

“Non c’è maturità o altre stronzate del genere, perché chi cazzo vuole un rock ‘n’ roll maturo? È sempre lì che la gente sbaglia, secondo me. È come il rock ‘n’ roll ma adulto, nessuno lo vuole! Questo è letteralmente togliere il buono dal rock ‘n’ roll. Il rock ‘n’ roll non riesce a crescere, è un adolescente perenne e questo album si sente esattamente così, ed è tutto merito della nostra esaltazione, non si può fingere una cosa del genere”. Queste le parole con cui il frontman Howlin’ Pelle Almqvist ha descritto la dichiarazione d’intenti di questo comeback discografico dal titolo più che mai enigmatico.

Secondo il comunicato stampa, il “titolo macabro” si riferisce alla lunga pausa che i The Hives (col nuovo bassista Johan Gustafsson al posto del partente Mattias Bernvall) hanno lasciato intercorrere tra questa release e quella precedente, descritta come “una storia dell’orrore”. Il personaggio Randy Fitzsimmons allude, pertanto, a un fittizio sesto membro che da lontano avrebbe supervisionato l’operato della band in veste di manager e unico compositore.

Al netto di fantomatiche presenze immaginarie che conferiscono un’aura di mistero e hype all’indotto narrativo, The Death Of Randy Fitzsimmons prende forma attraverso un esuberante rock d’assalto (“strike like a cobra, fly like a drone”) e un look retrò in giacca e cravatta con stravagante design black and white: ingredienti che non fanno altro che ribadire l’ormai collaudato protocollo “rock and roll machine” – tutto chiasso e chitarroni – e l’indole irriverente del collettivo scandinavo (“I’ll hit the weekend like the demon’s most favorite son”).

Dodici tracce che spaziano tra scariche elettriche fuzz, stop & go selvaggi, riff hardcore-punk incendiari e anthem fiammeggianti dal potenziale radiofonico (Bogus Operandi, Trapdoor Solution), passando per coralità vocali alla Buzzcocks e clap-rock knackiano e kasabiano (Rigor Mortis Radio, That’s The Way The Story Goes) con venature garage e post-punk alla The Stooges e The Clash (Stick Up, Smoke & Mirrors). Così, sull’onda di un revivalismo coinvolgente e frizzante, si susseguono temperature heavy rock alla Queens Of The Stone Age (Two Kinds Of Trouble, Step Out Of The Way) e cavalcate country honky-tonk che confluiscono in effetti boogie-punk e blues & roll dagli echi stonesiani (Crash Into The Weekend).

Con la realizzazione di The Death Of Randy Fitzsimmons – grazie al carattere istrionico che li contraddistingue e probabilmente per mancanza di una vera e propria concorrenza (Hellacopters a parte, forse) – i The Hives rendono omaggio sia alla tradizione ortodossa del rock scandinavo sia alla corrente indie-rock del nuovo millennio, caricandosi sulle spalle la pesante eredità dei Turbonegro, in qualità di fedeli ambasciatori di quel prodotto groovy rock così brillante e smargiasso.

Mentre attendiamo che l’insopportabile anticiclone africano di questi giorni passi il testimone a condizioni termiche più confortevoli, c’è chi, come i The Hives, affida pensieri negativi (“I’m gonna smash all thoughts on how to have fun”) e scadenze emotive al grembo accogliente del passato, coltivando un desiderio di frivolezza che, però, non intende assecondare le offerte occasionali del mainstream contemporaneo (“I know you want my time, here’s my line, I got your offer, decline, decline”), né le derive fake delle tribute band.

L’obiettivo, dunque, è quello di imbracciare le proprie vanghe e spalare terra per seppellire certe dinamiche alienanti della società moderna (Rigor Mortis Radio), insieme alla regressione culturale dettata dalla piaga del politically correct, pur continuando ad accumulare vecchie illusioni (“don’t give a fuck kid caught in a lie”) e nuove terre promesse dai nostri selfie-stick. A inghiottire tutto il resto, invece, ci penseranno le botole oscure del nostro inconscio (“the bottom of a bottomless pit”) e del cosiddetto progresso (“this thing can swallow anything”), poiché in fondo è così che vanno le cose. Il conto alla rovescia è già cominciato.

Membri della band:

Howlin’ Pelle Almqvist (Per Almqvist) – voce e pianoforte; Nicholaus Arson (Niklas Almqvist) – chitarra; Vigilante Carlstroem (Mikael Karlsson) – chitarra; Chris Dangerous (Christian Grahn) – batteria; Johan And Only (Johan Gustafsson) – basso elettrico

Tracklist:

1. Bogus Operandi 2. Trapdoor Solution 3. Countdown To Shutdown 4. Rigor Mortis Radio 5. Stick Up 6. Smoke & Mirrors 7. Crash Into The Weekend 8. Two Kinds of Trouble 9. The Way The Story Goes 10. The Bomb 11. What Did I Ever Do to You? 12. Step Out of the Way

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