Ohio, 17 aprile 1964.
Nasce Maynard James Keenan, cofondatore, frontman e voce dei Tool e dei Perfect Circle.
Negli anni ’90 lo scenario era completamente differente rispetto al decennio precedente: il tema predominante non era più l’edonismo dell’essere umano, bensì l’esaltazione del disagio e del conflitto interiore individuale nei confronti della società, che qualcuno in sintesi chiamerebbe ‘sgomento’.
Si ritorna a trattare il tema della religione, secondo la visione Marxista in cui la religione viene vista come l’oppio dei popoli, ed è sufficiente citare due brani come ‘Lithium’ dei Nirvana e ‘Opiate’ dei Tool, per dare l’idea.
I Tool, oggettivamente, come musicisti sono dei mostri, e non serve di certo il mio inutile feedback.
Mi è capitato di leggere e sentire commenti tipo: “I Tool fanno musica per pochi”.
Non ho mai capito chi fossero questi fortunati prescelti, come se un fan dei Tool fosse, per grazia divina, più intelligente di un fan dei Mötley Crüe.
Oddio, a dire il vero non saprei nemmeno dargli torto… ma ovviamente, qualcuno penserà seriamente di esserlo, autocertificandosi migliore di altri, semplicemente per un gusto musicale differente.
Ed in certi casi è proprio questo aspetto che divide, ossia la diversità vista come un nemico.
Per fortuna, la maggior parte dei musicisti ha capito, invece, che il sincretismo musicale poteva essere un’opportunità di crescita, ed infatti così è stato.
Attenzione, capisco bene cosa significhi l’adorazione per una band o per un artista, questo però non è mai sinonimo di verità assolute.
Si evince, quindi, che quella dei Tool sia una proposta di musica poco accessibile alla massa.
Effettivamente, in parte lo è, nel senso che nel loro caso non si tratta di una proposta molto radiofonica, come invece è stato per il grunge post-Nevermind, e necessita sicuramente di un ascolto più attento e ripetuto.
Quella dei Tool è un tipo di musica che mi rilassa, sebbene a volte mi lasci una sorta di insoddisfazione emotiva, nel senso che è trascinante, ma è come se mancasse qualcosa, come se per assurdo fosse troppo perfetta.
I tempi composti del prog, le distorsioni e le ritmiche mid-tempo del groove metal, insieme alla timbrica eclettica ‘sinusoidale’ di Maynard, hanno creato e forgiato la loro identità musicale caratterizzata da un sound abrasivo, ipnotico, arrabbiato e sofferente.
A mio avviso, la musica dei Tool può essere considerata un giusto compromesso tra ‘Welcome to the Sky Valley’ dei Kyuss, ‘Nothing’s Shocking’ dei Jane’s Addiction e ‘Nothingface’ dei Voivod, il tutto mescolato al prog anni ’70, al sound groove metal degli anni ’90 ed al nichilismo grunge.
Maynard, con la morte di Kurt Cobain, è diventato, man mano, il nuovo messia della musica rock, il portavoce delle paure, dei tormenti interiori e della crisi d’identità dell’essere umano, contemporaneamente vittima e carnefice del suo tempo.
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