Ciao Daniele,
Complimenti da parte di Fotografie ROCK per il tuo nuovo disco e grazie per averci dato la tua disponibilità per questa intervista.
FR: Com’è cambiata la scena underground torinese dai tuoi esordi ad oggi? Quali differenze hai riscontrato in queste tre decadi?
DB: A dire il vero non ne ho mai saputo molto, faccio le mie cose senza guardarmi attorno più di tanto. Non è sicuramente l’atteggiamento giusto, lo so, in questo modo non mi rendo partecipe nel creare alcuna rete musicale/culturale, sviluppare amicizie, connettere realtà affini, trovare gli agganci giusti. Mediamente non mi piace neanche andare a vedere i concerti dal vivo, mi annoiano tantissimo, indipendentemente da chi occupa il palco. Stare a lungo in piedi senza muovermi mi fa venire il mal di schiena e poi va a finire che per ammazzare il tempo bevo troppe birre! Comunque una differenza che mi pare di notare dagli anni ’90 ai giorni attuali è una stra-maggiore quantità di locali che propongono musica valida. Tanti anni fa certe cose le si vedevano solo nei centri sociali e in rarissimi locali o, chiaramente, in grossi eventi occasionali. Il resto era tristissime cover bands.
FR: Qual è il tuo background musicale?
DB: Ho iniziato ad ascoltare realmente musica a 14 anni, la scoperta di Iron Maiden, Venom, Metallica, Slayer… è stata folgorante. Da lì è scattato l’acquisto compulsivo di vinili, soprattutto da Disco Revival, storico negozio di dischi usati a Torino. Pochi anni dopo sono passato all’apprezzare qualsiasi genere, con predilezione per la musica estrema in ogni sua forma. Stessa cosa per quanto riguarda le band in cui ho militato. Poi dal 1994 sono partito con la mia avventura solista.
FR: Che consiglio daresti ad un giovane musicista che decide, oggi, di intraprendere questo tipo di percorso artistico?
DB: La mia prima domanda sarebbe: “ma chi te lo fa fare?!“. Se sei un figlio di buona famiglia ok, ci può stare, non hai bisogno di lavorare e hai tempo da perdere, ma se così non è, ragazzo mio pensa agli studi e a trovare un buon lavoro. Eventualmente, se dopo le tue otto ore giornaliere di sgobbo c’hai voglia di suonare con gli amichetti, bene, ma che non diventi un’ossessione, o come dicevano giustamente i miei genitori “una malattia“.
FR: Nel tuo nuovo album sei tornato a cantare in inglese. La scrittura in italiano era diventata troppo impegnativa?
DB: Volevo cambiare radicalmente, in più l’inglese è ritenuta la lingua internazionale ufficiale, quindi ora posso farmi capire ovunque! Anche in passato però non ho usato solo ed esclusivamente l’italiano, ma ora è proprio 100% full immersion. Bisogna mettersi in gioco per vedere quanto può essere divertente e fruttuoso questo canto.
FR: Tornano gli insetti… qual è il significato dello Scarabeo Cervo?
DB: Molto semplicemente mi diverte tanto l’insensata inglesizzazione letterale di cervo volante, flying stag. Quando in realtà la sua corretta traduzione sarebbe stag beetle, che comunque è il titolo di uno dei pezzi presenti nel disco.
FR: Qual è il messaggio del video di Otherwhere?
DB: Può essere visto come un sogno/incubo con due protagonisti e due viaggi onirici che si intrecciano e che hanno un finale dalle molteplici possibili letture. Un gran lavoro di Armando Armand che non smetterò mai di ringraziare. Tendenzialmente in quello che faccio preferisco non lasciare messaggi di alcun tipo, morali o abbandonarmi a facili populismi.
FR: Fanculo Mondo è un titolo decisamente esplicito e generico: ma a chi è diretto nello specifico?
DB: Letteralmente “fanculo tutto il mondo!“. È un testo decisamente auto-ironico in cui descrivo con somma accuratezza la mia intera carriera musicale.
FR: Flying Stag porta con sé una varietà di contaminazioni sonore eterogenee rispetto al passato: come mai questa virata?
DB: Eterogenee? Tu dici? Trovo invece che gli album passati fossero composti da canzoni molto più varie e differenti tra loro. Flying Stag è più monolite, chitarra distorta e batteria picchiata. Poi, sicuramente si sentono all’interno della dura scorza innumerevoli contaminazioni: psichedelia, stoner, math, comunque sempre dalla radice rock. E lo stile di Alberto alla batteria lo trovo tanto dance, lo adoro! Gli album passati invece avevano parti elettroniche, rumore/melodia da miriadi di sorgenti sonore diverse. Forse la voce sì, è nettamente più varia rispetto al passato.
FR: Ripensando, oggi, alla tua longeva carriera scevra da compromessi, ti chiedo: se potessi tornare indietro, c’è qualcosa che non rifaresti?
DB: Musicalmente parlando ho seguito solo ed esclusivamente le mie intenzioni, senza guardare in faccia niente e nessuno. Non ho rimpianti a riguardo.
Invece, come accennato prima, avrei fatto meglio a prestare più attenzione all’importantissimo lato diplomatico, prendermi cura di coltivare le “amicizie giuste”, frequentare posti, gente… non sono mai stato in grado di farlo. Posseggo una fortissima attitudine isolazionista e, purtroppo, se e quando perdo le staffe non la mando a dire.
FR: Ti congediamo chiedendoti semplicemente: che farà da grande Daniele Brusaschetto?
DB: Bella domanda. Eh, da giovane avrei voluto fare il musicista… ora il mio progetto è di arrivare alla pensione in piena forma per poter quindi dire: “sono un musicista!“.
FR: Arrivederci Daniele, un abbraccio e di nuovo grazie per la disponibilità.
DB: Grazie a voi!
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