Dream Widow: recensione di Dream Widow

Dream Widow

Dream Widow (EP)

Roswell, RCA Records

25 marzo 2022

genere: heavy metal, doom metal, alternative metal, thrash metal

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Recensione a cura di Marco Calvarese

Annunciato un mese e mezzo fa sui canali social, Dream Widow è l’ennesimo progetto parallelo partorito dalla mente poliedrica e raffinata di Dave Grohl (non occorre presentazione, vero?). E non capita tutti i giorni che il frontman dei Foo Fighters si dedichi alla realizzazione di un album heavy metal.

Dietro lo pseudonimo di Dream Widow, come ha avuto modo di spiegare lui stesso, si nasconde una one-man-band (pur con importanti collaborazioni) che risponde all’esigenza di fornire una colonna sonora al film Studio 666: una sorta di horror movie di cui Dave è regista, produttore e interprete di sé stesso. Non farò nessuno spoiler della trama del film, però è indispensabile sapere, prima di procedere all’ascolto, che i Dream Widow sono una band metal misteriosamente scomparsa proprio nell’edificio in cui Dave Grohl ha ambientato la sceneggiatura, ma destinata a ricomparire al completamento dell’album sotto sembianze demoniache.

Dunque si presume che la colonna sonora debba rendere l’idea di un’opera incompiuta: credo sia importante tenerlo a mente prima di indossare le cuffie, perché, a parere di chi scrive, questo elemento indirizzerà l’habitus compositivo del disco, insieme a certe innegabili influenze e al background musicale dell’artista.

Entrando nel vivo dell’ascolto, Encino (immaginaria location del film), breve e violenta opening track, mescola un po’ di tutto, dal symphonic black al thrash death: l’effetto è di notevole impatto, ma piuttosto caotico. Sensazione di bozza, più che di brano fatto e finito, rafforzata subito dopo dalla successiva Cold, pièce di profondo stampo doom-stoner decisamente più strutturata, ma ancora piuttosto ingenua nei testi e nelle linee vocali.

Il primo salto di qualità avviene, improvviso, con March Of The Insane (il singolo che ha fatto da apripista alla release), thrash primordiale che non avrebbe sfigurato tra le tracce di Kill’em All (Metallica). Iniziano ad aleggiare, nella mia testa di curioso ma navigato ascoltatore, i fantasmi di Venom e Black Sabbath, che mi terranno compagnia, in punta di piedi, per il resto del disco. Se vogliamo, Dave Grohl fa centro proprio grazie a queste influenze: va sul sicuro e crea le giuste atmosfere per il suo film, anche se, con Sweet Abyss, si compie un brusco balzo all’indietro, con un riff banale e ripetitivo, benché deliziosamente elaborato in un ottimo bridge. Insomma, troppo poco per tenere desta la mia attenzione: finora sembra davvero un’opera incompiuta, il che ci sta, viste le premesse, ma in fondo sto solo ascoltando un album e su di esso mi esprimo.

Occorre essere mentalmente aperti e tenere sempre presente il retroterra culturale dell’autore: uno degli episodi più riusciti di questa breve fatica in studio è Angel With Severed Wings, che però definirei in qualunque modo, fuorché metal. Un riff portante dal traino immediato, che poggia su una strofa dal sapore Faith No More e un ritornello di chiaro influsso grunge. L’effetto complessivo sul mio orecchio è quello di Skunkworks (Bruce Dickinson): ben fatto, ma non incontra molto i gusti del metallaro.

Stessa percezione con Come All Ye Unfaithful, contesa tra Metallica e un refrain di tendenza alternative nella ritmica delle chitarre. Becoming mi trascina di nuovo negli abissi proto-doom dei Sabbath, scivolando su un riff à la Pantera per poi aprirsi a una sorta di epic metal che, grazie anche al gioco di ride ed effetti vocali, rimanda alle atmosfere dei Bathory di Blood On Ice. Tutto bello e coinvolgente, ma c’è un ma: ogni volta che l’autore torna sulle sonorità metal, il retrogusto a fine brano è quello di una trama esile, di un pugno di buone idee un po’ slegate fra loro e tenute insieme quasi a forza.

Mi accingo alla closing track ancora contorto nel dubbio se questo gap di arrangiamenti sia voluto dal copione oppure sia frutto della distanza che c’è tra Dave Grohl e l’heavy metal. Lacrimus Dei Ebrius chiude sulla medesima falsariga: un brano strumentale che attraversa mezzo scibile metal, dal doom al blast beat, dal thrash della Bay Area al death dei primi Sepultura, per poi sviluppare un groove dai bassi ultra distorti e tornare, infine, alla casella di partenza con pesanti cadenze doom. Lacrimus Dei Ebrius è il brano più propriamente metal dell’EP: molto atmosferico e articolato, tanto da far pensare proprio ad un set cinematografico, coinvolgente al punto da indurre l’headbanging, ma talmente “patchwork” da seminare chilometri di dubbi lungo l’intera traccia.

Mi chiedo se Dave Grohl stia dosando in modo geniale musiche e regia, oppure se stia semplicemente e involontariamente palesando i suoi limiti come compositore in un genere a lui non congeniale. Lascio a ciascuno di voi, com’è giusto che sia, il giudizio personale. Io, che sono per natura un po’ lento di comprendonio e pieno di dubbi, ho capito che è lo stesso spirito irrequieto di Dave Grohl a generare in lui una tale creatività. Probabilmente, con uno scalpello in mano si scoprirebbe perfino un discreto scultore.

Ora sarebbe interessante dare a questo progetto un seguito più compiuto, magari avvalendosi di una vera band più avvezza al genere. Dream Widow sembra più una bozza, una crisalide meritevole solo di un po’ di pazienza e di elaborazione all’interno di uno studio di registrazione, più che sul set di Studio 666.

Membri della band:

Dave Grohl – batteria, basso, chitarra, voce, tastiera (traccia 6)
Jim Rota – chitarra solista (tracce 1-5)
Oliver Roman – tastiera (tracce 2 e 4)
Rami Jaffee – tastiera (tracce 5 e 8)

Tracklist:

1. Encino
2. Cold
3. March of the Insane
4. The Sweet Abyss
5. Angel with Severed Wings
6. Come All Ye Unfaithful
7. Becoming
8. Lacrimus Dei Ebrius

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